Anni di leopardiano studio matto e disperatissimo e sporadici tentativi di dialogo sul tema
(“Tashi delek” Chodup, “Thanks” Zara, “Merci” Francois e “Grazie” Erberto),
mi inducono a proporre una serie di criteri oggettivi per classificare ogni zan par.
Che io sappia nessuno fino ad oggi, nemmeno in Tibet, ha mai pensato di proporre dei criteri per catalogare gli zan par
e per scambiarne quindi anche a distanza informazioni concrete. Ovviamente i criteri che qui propongo
non esauriscono tutti i diversi possibili approcci. Tralascio per esempio considerazioni sullo stile dell’iconografia, sulla probabile data di creazione,
sulla storia del pezzo, sul luogo di provenienza o di ritrovamento perché questi dati
troppo spesso mancano e quando ci sono, non sono mai certi.
Tralascio, e sbaglio, il peso di uno zan par che sarebbe – è – un criterio oggettivo e universalmente condiviso.
Lo ometto soltanto sulla base della constatazione che non sempre si ha a portata di mano una bilancia di precisione.
Non considero inoltre nome del legno (di solito betulla, nocciolo, noce, alberi da frutto e legni duri adatti ad essere incisi), colore e venature, patina, setosità della superficie al tatto, profumo percepibile all’olfatto (spesso un odore inconfondibile
di burro rancido), presenza di inchiostri colorati sulla superficie e di residui dell’impasto di orzo arrostito e triturato mescolato con acqua o latte negli incavi più profondi, perché elementi troppo soggettivi anche se interessanti e spesso, per me, decisivi.
Ometto infine considerazioni sull’iconografia : descrizione ed interpretazione delle immagini incise su uno zan par sono fondamentali e prioritarie. E altrettanto fondamentale e prioritario è un giudizio sulle qualità estetiche delle raffigurazioni.
A oggi, a parte il saggio di Zara Fleming
“An introduction to Zan par” su “The TIBET JOURNAL” –
Vol. XXVII n.1 & 2 – Spring & Summer 2002, pagine 196-216,
non è ancora stato pubblicato (che io sappia) uno studio che elenchi le figure più frequentemente rappresentate
su uno zan par e una descrizione dei rituali collegati a queste singole figure.
Questo studio di iconografia degli zan par sarebbe prezioso per descrivere di volta in volta uno specifico zan par,
per evidenziare figure particolarmente interessanti, emozionanti per invenzione e finezza di esecuzione, assolutamente rare
o significative ed anche per suggerire la destinazione delle figurine così ottenute e la loro funzione rituale.
Ma d’altra parte l’iconografia di un solo zan par per essere meticolosamente descritta e poi interpretata richiede ore,
forse giorni di analisi che non si possono condensare in una formula leggibile e comprensibile con un colpo d’occhio.
Inoltre comunque ogni risultato di questa analisi di iconografia non sarebbe mai oggettivamente confrontabile
con altre analisi fatte da altri soggetti perché troppo personali sono in questo caso sia la lettura che l’interpretazione.
Mi limiterò perciò ad alcuni dati oggettivi primari e immediati, tali da potersi condensare in una ‘formula’ di semplice immediata lettura e di indiscutibile interpretazione da parte di chiunque dovunque nel mondo.
Ogni zan-par si potrebbe dunque classificare così :
primo dato : lunghezza in centimetri
secondo dato: numero dei lati incisi
terzo dato : totale delle figure incise su tutti i lati dello zan par
quarto dato : “Vero” o “Falso” ?
“Vero”, è uno zan par fatto secondo certe procedure e sicuramente usato per il rituale.
“Falso” è uno zan par fatto solo per il mercato e mai usato in nessun rituale.
Aggiungo anche il grado di certezza con cui affermo quanto sopra :
“!” significa “sicuramente” : sicuramente Vero o sicuramente Falso.
“?” significa “probabilmente”.
(Mi rendo conto che effettivamente decidere se un pezzo sia “Vero” o “Falso” è un giudizio scarsamente oggettivo e certamente più affidato alla sensibilità soggettiva. Tuttavia è vero che avendo osservato e maneggiato e accarezzato e annusato in circa 46 anni decine e forse centinaia di zan par, la decisione se si tratta di un vero oggetto rituale oppure di una riproduzione, anche perfettamente mimetica e sapientemente antichizzata, si impone con un’evidenza ed una forza di realtà da farla apparire come ‘oggettiva’. Nella mia collezione alcuni pezzi sono dichiaratamente “F” falsi. Li tengo e li studio però perché sono iconograficamente interessanti e perché documentano un fenomeno – la mercificazione dell’oggetto rituale – comunque degno di attenzione. Ovviamente in futuro cercherò di non acquistarne altri)
Provo con alcuni esempi concreti a dimostrare come funzionerebbe l’applicazione dei criteri qui sopra proposti.
Questo zan par
sarà sintetizzabile in questa formula : 22 – 8 – 78– V !
La formula ci dice questo zan par è lungo 22 cm, ha 8 lati incisi, contiene in tutto 78 diverse figure incise.
E’ uno zan par vero : fatto per il rituale e sicuramente usato
La sua formula sintetica secondi i criteri proposti è : 29,5 – 4 – 91 – V !
Significa che questo zan par è lungo 29,5 cm, ha 4 lati incisi, contiene in tutto 91 diverse figure incise.
E’ vero : fatto per il rituale e sicuramente usato.
Ed ecco infine uno zan par di dimensioni eccezionali,
l’unico mai visto così grande :
la cui formula sarebbe : 63 – 8 – 214 – V !
Significa che questo zan par è lungo 63 cm, ha 8 lati incisi, contiene in tutto 214 diverse figure incise.
E’ vero : fatto per il rituale e sicuramente usato.
Infine il gioiello della mia collezione, uno zan par composto da 7 assicelle, scolpite e dipinte su entrambi i lati.
Soltanto la storia del ritrovamento di questo eccezionale zan par prima in un isolato monastero nella valle di Kathmandu,
visto e perso e poi ritrovato in Frezzeria a Venezia meriterebbe un racconto :
Significa che questo zan par è lungo 23 cm, ha 13 lati incisi più una copertina,
contiene in tutto 207 diverse figure incise. E’ vero : fatto per il rituale e sicuramente usato.
E’ logico a questo punto domandarsi : quali sono i concreti vantaggi del catalogare ogni
zan par con i criteri qui sopra proposti ?
Provo a rispondere così : vivendo a Venezia e avendo ormai rinunciato ai viaggi di tutta una vita
le uniche possibilità di acquistare un zan par me le offre oggi il Web.
Di uno zan par proposto in Rete di solito si vede una sola fotografia.
Se a questa fotografia si aggiungessero i dati proposti, ecco quali vantaggi ne avrei.
Primo dato : lunghezza in centimetri. Sapendo la lunghezza, spesso ma non sempre indicata sul web,
se io ho a portata di mano altri zan par posso subito valutarne la relativa dimensione :
pur senza averlo lo ‘vedo’ quasi davanti a me.
Questo primo dato, insieme al secondo dato: numero dei lati incisi, mi consente di visualizzare
l’importanza di quello zan par. Gli zan par più semplici (e i più falsificati) hanno 4 o 6 lati :
29,7 – 6 – 97 – F !
Significa che questo zan par è lungo 29,7 cm, ha 6 lati incisi, contiene in tutto 97 diverse figure incise. E’ sicuramente falso, fatto per il commercio e mai usato in nessun rituale.
Spesso gli zan par sono un parallelepipedo con due facce più larghe e due più strette. A volte però uno zan par ha più lati incisi, 8 o anche 10 e in questo caso l’oggetto diventa interessante.
Il terzo dato : il numero delle figure incise su tutti i lati dello zan par è un altro indicatore rilevante. Uno zan par può avere (raramente ha) alcune grandi figure, molto profonde e alte anche fino a 20 centimetri.
In questo caso il numero totale di figure incise si riduce, ma l’interesse aumenta.
Altre volte uno zan par ha invece moltissime figure, diventa interessante dal punto di vista della ricchezza iconografica,
ma se le figure sono davvero molto complesse e molto piccole suscita anche qualche dubbio.
Mi chiedo se veramente si potesse con stampini così piccoli realizzare delle figurine gestibili : si sarebbe dovuto ogni volta staccare senza romperla la figurina modellata nel minuscolo incavo dello stampo di legno e poi gestirla come offerta rituale senza farla andare in frantumi. E anche in dimensioni così minuscole dovrebbe rimanere riconoscibile l’immagine rappresentata : uno yak, una capra, un pollo, un pesce, un insetto.
E’ vero peraltro che trattandosi di offerte simboliche ad una spirito benigno o maligno, le oggettive caratteristiche di riconoscibilità dell’immagine che sostituisce l’oggetto o animale reale non dovrebbero essere per il destinatario, e di conseguenza nemmeno per il celebrante e per il committente, così rilevanti. E’ il pensiero che conta, come si dice.
Comunque il numero delle figure incise in uno zan par – prescindendo dalla qualità figurativa di queste immagini,
qualità che non può rientrare in un’analisi che si propone di essere il più possibile oggettiva e quantificabile –
è un indice molto rilevante per indicare la qualità e il potenziale interesse di un oggetto quando non si può vederlo
né prenderlo in mano.
Chi falsifica non ha ovviamente alcun interesse nel moltiplicare il numero delle incisioni da realizare.
Falso per falso, più rapidamente lo faccio, meno mi costa, più ci guadagno.
Questo terzo dato, cioè il numero totale delle figure incise, può però essere soggetto a minime variazioni perché alcune
figure possono da una persona essere lette come separate e da un’altra persona come componenti diverse di un’unica figura.
Le eventuali discordanze di questo dato in due diverse letture non sarà però mai tale da creare confusioni
nella identificazione e lettura di un pezzo.
Infine il dato più discutibile del mio elenco di criteri e spero la provocazione più capace di produrre interventi,
critiche e proposte alternative. Quarto dato : la scelta se definire uno zan par “Vero” o “Falso”.
In realtà ogni zan par è “vero” : è un oggetto vero, concreto.
Solo che in alcuni casi (e questi sono gli unici che mi interessano) quello strumento rituale è stato ideato e realizzato
per essere uno strumento rituale. Così è nato e così è stato usato da uno o più Lama per molti anni,
divenendo parte integrante dei suoi arredi sacri.
In altri casi esistono poi zan par che sono stati creati e realizzati per essere oggetto di commercio.
Nessun Lama li ha mai maneggiati e vanno direttamente dal produttore al consumatore.
Esiste infatti da decenni un mercato costituito da studiosi di religioni, di etnografia, di folklore e anche
da collezionisti e curatori di musei che acquistano nelle regioni himalayane, ma poi anche dovunque nel mondo,
zan par mai usati da nessun Lama in nessun rituale, ma che però “assomigliano” moltissimo ai veri zan par.
E’ inevitabile che secoli di esperienza nel produrre copie fedeli (la fedeltà al prototipo essendo uno dei criteri fondanti
delle culture orientali ed esigenza irrinunciabile nella produzione di oggetti, dipinti, sculture, architetture, destinati
alla religione) abbiano sviluppato e insegnato straordinarie tecniche di imitazione ed antichizzazione.
Dimensioni, forma, stile, legni usati, finta usura nei punti giusti, patina, setosità della superficie al tatto,
aggiunta di inchiostri colorati e persino deposito di minuscole particelle di vera tsampa
con il loro caratteristico ‘profumo’ di burro di yak rancido, riescono magnificamente a trasformare un oggetto nato recentemente come “falso” in un oggetto che sembra antico e vero.
Queste considerazioni mi imporrebbero a rigore di logica di escludere dalla mia lista di criteri per la classificazione di uno zan par il mio quarto dato : la decisione se chiamare “Vero” o “Falso” uno zan par proprio perché per definizione e per quanto appena ammesso qui sopra sulle tecniche di falsificazione – è questa una decisione assolutamente soggettiva e non oggettiva.
Però se una persona come Zara Fleming, consulente del “V&A Museum” che vive nelle regioni dell’Himalaya più che a casa sua nel Galles, o una persona come Michel di ‘Paropamiso’ che ha sviluppato nei decenni una sensibilità ed una lucidità di giudizio quasi infallibili, se Zara o Michel mi dicono che uno zan par è “buono”, io attribuisco a questo loro giudizio (e un po’ anche al mio) un valore di verità quasi oggettivo e penso condivisibile a livello internazionale.
Ecco perché mi sono avventurato in questo tentativo di suggerire alcuni criteri per la catalogazione degli zan par tibetani.
Ovviamente la straordinaria bellezza di un vero zan par e l’emozionante scoperta di centinaia di diverse immagini, a volte incise con incredibile eleganza di invenzione e perizia di realizzazione, non si può certo contenere in un’arida formula oggettiva.
Come ho scritto in
“Perché collezionare zan par del Tibet. Se non puzza, puzza.”
http://www.francobellino.com/?p=2098#more-2098
e in inglese
“Golden Tips for collecting Tibetan zan Par. Why collect a zan par”
http://www.francobellino.com/?p=2122#more-2122
.. uno zan par va a lungo studiato, ad occhi chiusi inizialmente, perché ad occhi chiusi la concentrazione è più intensa :
lo zan par ti parla e tu riesci ad ascoltarlo. Ad occhi chiusi per ‘sentirne’ al tatto la superficie, esplorando centimetro
per centimetro, e poi annusato e infine a lungo osservato, studiato e ‘ascoltato’ per ore e per giorni
perché per ore e per giorni un vero zan par sa regalare sempre nuove emozioni.
Però per incentivare uno scambio di informazioni tra studiosi e collezionisti e antiquari che possono da continenti diversi condividere soltanto fotografie e scritti, forse i criteri oggettivi di lettura e di classificazione che ho qui sopra proposto
possono portare ad una maggiore comprensione e a dialoghi sempre più approfonditi.
Questo almeno mi auguro ed auguro a chi mi legge.
(Short synopsis in English of the text here above)
Tibetan Zan par : proposal of criteria for a classification.
I am proposing a very personal way – based on objective elements – to classify each Tibetan “zan par”.
I don’t take into account type of wood, weight, style of carvings, age, history of the particular zanpar,
place of origin or where found, because thise data very often are missing.
I don’t consider either the colour, patina, silky feeling, perfume (even if smell seems very important to me),
coloured ink’s traces and dough’s residuals in the deepest hollows, because these data risk to be too subjective.
A list of the more common figures (zanpar’s iconography) and rituals involved is still to be written,
besides the precious Zara Fleming’s essay “An introduction to Zan Par”
on “The Tibet Journal” Vol. XXVII n.1 & 2 – Spring & Summer 2002, pages 197-216.
This study devoted to zan par iconography and their ritual function, when published, would help all of us
to describe every zan par, to point out very unusual or rare figures and to suggest the ritual destination
of the small dough’s figures obtained with each mould.
I proposte these 4 data :
First : lenght in centimeters
Second : number of incised sides in the zan par
Third: number of incised figures in the whole zan par
Fourth : is it Veritable or Fake/False ?
and I add the degree by which I am sure of this :
“!” means “Undoubtely” “?” means “Maybe”
This 4th element might be judged too subjective and I am ready to listen to different proposals
for a quick and objective zan par’s classification.
[...] http://www.francobellino.com/?p=2285#more-2285 [...]
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