Sarà blasfemo e mi cospargo il capo di cenere.
Però io penso che questo povero rospo che ha visto passare sopra il suo stagno un insetto gigantesco,
mai visto così grosso, così grasso, così appetitoso e che fulmineo – seguendo l’istinto –
ha cercato di afferrarlo al volo con la lingua vischiosa …
con il risultato che adesso il povero rospo si avvia ad una morte sicura e dolorosa ….
questo povero rospo il cui destino Gary Larson esprime con tratti neri e pesanti e ineluttabili
sia un fratello del tristissimo “cane” di Goya alla ‘Quinta del Sordo’
Secondo me, e ripeto sarà blasfemo e mi cospargo il capo di cenere,
questa immagine di Gary Larson ha tutta la forza espressiva e la dignità poetica
per stare accanto al “Cane” di Goya che così intensamente legge Guido Ceronetti :
Cane sepolto nella sabbia, si dice, o lottante contro la corrente: l’artista è stato vago, probabilmente non ha voluto finire
avendo capito che quella testa sprofondata in una massa d’indefinita amaritudine, con sopra uno spazio enorme,
forse vuoto forse popolato di esseri invisibili, forse nudo, forse vestito di Dio, uno spazio
che il colore strano non permette di chiamare, se non in senso profondamente interiore, cielo, era un’immagine –
da non deviare verso nient’altro, da non corrompere con aggiunte e falsi completamenti – dell’infinito.
Sabbia o acqua, cenere di vulcani, onirico Vuoto, in ogni espressione della Voracità cosmica, dell’Abisso senza nome,
dove si sia afferrati per i piedi e tirati giù, dove si precipiti senza fine, o che risucchi e ricopra lentamente,
o cresca sommergendo, e tragga dalla gola l’invocazione disperata, il grido impressionante del Salmo 130:
«Mi-mmamaqqim qeratikhà Adonai…», (“Dal profondo io grido a te, Signore.”) lì Goya ha collocato il suo cane.
Non sono luoghi, sono il Luogo umano, gli acefali visceri, i Profondi dove abitiamo.
Sono curioso, sono davvero curioso di leggere gli insulti e le giustificatissime derisioni
che questo mio improvvido accostamento – il tragico Goya e un umorista americano – deve
(direbbe il conte Ugolino : se di questo accostamento non ti indigni, di che indignarti suoli ?)
provocare.
Gary Larson, nato a Tacoma, USA e creatore della serie “The Far Side”, è a mio giudizio uno dei più imperdibili umoristi di sempre.
Insieme ad Altan, Reg Smythe, il creatore di Andy Capp, Don Martin, Longanesi, Novello, Mary Ann Madden, Lec e Kraus,
Larson ti regala – ad apertura di libro – momenti di ilarità irresistibile ma anche di profonda riflessione.
Non si può chiedere ne avere di più.
Ciao Franco,
ho letto il tuo pezzo e il tuo spunto. Molto legittimo, ma a me sembra che Goya abbia raccontato l’attimo che ha visto o immaginato,
mentre Larson ha raccontato una storia nel suo attimo finale, storia che il lettore si ricostruirà nella testa
ridendo e sentendosi anche intelligente.
In un esempio in cui la tecnica pittorica innovativa e narrativa di Goya non si esprime in pieno,
per me non c’è paragone. Larson a mani basse.
Quanto alla nostra memoria, ci ho pensato su e secondo me è andata così. Parlammo di fumetti e di grandi autori.
Io ti feci ricordare Don Martin, che avevi conosciuto ma non approfondito,
e tu mi facesti scoprire Larson, di cui anch’io avevo visto qualcosa su libretti americani e su Mad,
ma non avevo mai affrontato bene per capirlo e amarlo.
Entrambi grati. La classica win win situation.
E chi c’ammazza a noi?
Un abbraccio
Andrea
Franco carissimo,
le amicizie epistolari hanno sicuramente il loro fascino: c’è qualcosa di poetico nel raccontarsi senza conoscersi direttamente, magari solo per interposta persona. E devo dirti che da quanto mi ha raccontato Paolo, spesso sono stata in dubbio se viverti come realtà o leggenda. Certe cose però è meglio non chiarirle, è meraviglioso che rimangano mistero. Ho guardato il sito, legato al post tra il rospo di Gary Larson e il cane di Goya: sono profondamente convinta che attraverso l’ironia, l’arguzia e la sagacia, si riescano a raccontare in modo intelligente e mai lacrimevole i fatti della nostra vita che, anche nella tragedia, riescono a strappare un sorriso con verità. Il rospo e il cane sono solo un attimo. Sicuramente un istante dopo cambierà tutto, ma le circostanze sono comunque non definite, lasciando alla libera interpretazione la possibilità di cambiare le cose. E magari scrivere un finale diverso. Sono profondamente ottimista: mi piace pensare che in realtà quel rospo pacioccone e appiccicato (quante c, sono perfette nella loro rotondità) sotto la pancia dell’aereo sia un supereroe, e con ali magiche, dopo un triplo salto mortale, si stacchi e riesca a volare più veloce del velivolo. E immaginare il volo di un rospo che morfologicamente è quanto di più lontano ci sia da un profilo aerodinamico, è meraviglioso !
Maestro, tu sei matto.
(per la precisione, folle, come Steve Jobs insegnò in una famosa pubblicità)