Mi sembra meraviglioso già la prima volta che lo vedo.
Bellissima la rana : sta veramente guizzando via dalle chele del granchio.
Con la zampetta posteriore sinistra fa forza sulla roccia (in realtà è la superficiedella foglia di loto, che copre il bocciolo con il suo doppio stelo sul retro e il baccello ancora non sbocciato) mentre si aiuta anche con gli anteriori.
Gli occhietti della rana sono due puntini neri in rilievo.
Tanto il dorso della rana è liscio e tutta picchiettato e sembra di sentirlo umido e viscido, tanto il granchio è ruvido e rigido e ‘crostaceo’ e ancorato alla sua presa.
La chela sinistra è leggermente più in alto dell’altra, segno che la trazione della rana qualche effetto lo ottiene. Ma anche il granchio che io vedevo rigido, dimostra invece il suo sforzo : se guardi le sue zampette a destra, ti accorgi che quella più in basso non è allineata con le altre sette. E’ spostata in basso, verso l’angolo della foglia di loto, proprio come se cercasse di fare ancora più trazione. O invece come se una sola zampetta del granchio fosse rimasta nella posizione originale, mentre tutto il corpo del granchio è impercettibilmente trascinato verso l’alto dalla rana che cerca di liberarsi.
La linea dinamica che parte da quell’angolo risale in diagonale per collegarsi alla zampa della rana prigioniera nella chela e risalire, sempre in diagonale, all’altra zampetta della rana che si puntella sulla foglia.
Come mai l’intagliatore ha voluto sottolineare questo minimo trascurabile dettaglio ? Probabilmente a chiunque altro sarebbe venuto naturale realizzare in modo simmetrico le otto zampette del granchio.
Perchè prendersi la pena di farne una, una sola, diversa da tutte le altre ? Probabilmente a nessun altro sarebbe venuto in mente e
probabilmente nessuno avrebbe mai notato questo particolare, questa nota di verità.
Ma per l’intagliatore di questo guajian il dettaglio più insignificante e impercettibile
è importante. Per lui “un dettaglio non è un dettaglio”. Ed ecco che la sua rappresentazione si eleva da un normale motivo figurative alla sfera dell’arte.
In ogni millimetro di questa scena c’è amore, c’è genialità, c’è vita.
Sul retro il bocciolo di loto è scolpito con grande amore ed eleganza; ogni singolo dettaglio è curato con grande delicatezza e quasi reverente rispetto.
Daniel dice che dei 7 pistilli ne rimangono 5; io invece ne vedo 6 e tutti mobili.
Ci sarebbero altri due buchini per far passare il cordoncino : alla base del bocciolo di loto e sotto le zampette a destra del granchio.
Sopra la chela sinistra del granchio una incrostazione di polvere si potrebbe forse scrostare, ma non lo faccio. Probabilmente rivelerebbe un forellino identico a quello sopra la chela destra.
Giorni di amoroso contatto mi confermano la delicatezza setosa di tutta la superficie che ha un’unica minima rugosità in corrispondenza degli occhietti sporgenti della rana.
L’incanto dell’attimo fuggente è tutto nell’incertezza dell’attimo successivo :
riuscirà la rana a liberare la zampetta ? riuscirà il granchio a trattenerla ?
E’ovvio che tra i due non dovrebbe esser una questione di vita o di morte :
non credo che i granchi mangino le rane e non credo che la rana soffrirebbe
se trascinata sott’acqua.
Però certo non è piacevole sentirsi attanagliata una zampetta dalle chele
di un granchio. E’ forse stata imprudente la rana a tuffarsi nelle acqua dell’antico stagno ? E’ forse questo il seguito dell’haiku di Basho ? Dopo il ‘suono d’acqua’, dopo lo SPLASH, seguono questi attimi di lotta per la vita o quantomeno per la libertà ? Io sono la rana o il granchio ? O sono tutti e due ?
Non sarà tra la rana e il granchio una questione di vita o di morte, però non è nemmeno come pateticamente cercavo di dirmi “la nascita di una nuova amicizia”. Non c’è nessun amore nel gioco tra i due : una vuole liberarsi, l’altro vuole trattenere. Tutti e due possono vincere, e tutti e due ce la mettono tutta.
Questa è la filosofia di questo toggle – qualunque cosa tu fai, falla con tutto te stesso e meglio che puoi. Questa è la sua straordinaria magia : non ho mai visto tanto dinamismo, tanta vita, tanta energia in una piccola scultura. La rana e il granchio rinnovano ogni istante il loro eterno incontro/scontro.
Alle loro spalle, alle spalle di questo guizzante e frenetico dinamismo,
la Natura assiste impassibile e eternamente rinasce.
Noi nasciamo, lottiamo, moriamo : “c’est la vie”.
largo 37mm
alto 37 mm
profondo 23 mm
Scrive Daniel :
This is a boxwood (huangyangmu) toggle. It is a mid-Qing piece, maybe even older. It depicts a crab chasing a frog that is about to get away, but may not. The activity occurs on a lotus leaf. There is lotus bud on the back side. We believe two seeds are not there any longer, but other 5 are still in the pod and move. The toggle is about 3 cm long and 3 cm wide. Rich patina from wear.
Guajian di bosso (Buxus sempervirens) . Camman p.50 e 51 = da leggere.
Qing (1644-1911) “mid-Qing maybe even older” può quindi significare fine 1700. Mi sembra una datazione molto ottimistica, ma se lo dice Daniel.
La patina è lucida, color caramello o cognac bruciato.
Frog = Camman 130 Bartholomew manca Welch 102
Crab = Camman 138 Bartholomew 42-88-89 Welch 94
Lotus = Camman 109-111 Bartholomew 47segg. Welch 27sgg.
C’è un posto (a dir la verità non troppo grande…), nel mondo, dove non ci sono case e nemmeno costruzioni dell’uomo. Qui c’è solo campagna: fiori di ogni colore, alberi grandi e forti che con i loro rami sembrano giocare con il cielo, rocce indistruttibili che con il tempo sembrano essere diventate persino più belle, torrenti con un’acqua tanto trasparente da non sembrare nemmeno vera e poi tanto, tanto verde, di ogni singola sfumatura… In questo Regno incontaminato dal potere dell’Uomo, si nascondono tanti animali, di tutte le specie: non tutti ovviamente si conoscono. Qui vige solo una regola: la spontaneità, e tutti la rispettano senza problemi. Tra gli abitanti di questo Regno vi sono le formiche, eterne lavoratrici; le farfalle, che passano il loro tempo ad ammirarsi sul riflesso del fiume che scorre come la loro età; le cicale, eterne amanti del piacere; i millepiedi, che passano il loro tempo volteggiando sui prati e sui fiori mettendo in mostra la loro tipica ed affascinante andatura; e tanti altri amici animali accomunati da una sola cosa: tutti vivono la vita come un bimbo, nello stupore continuo, nell’assoluta meraviglia, nella spensieratezza più totale: e tutti sono, perciò, felici.
Un giorno però una formica, tanto giovane quanto ingenua, si staccò dalle altre infaticabili amiche lavoratrici, quando scorse in lontananza, non senza stupore, qualcosa che non aveva mai visto: intravide un millepiedi “danzare” sopra un prato e muoversi con tale leggiadria ed eleganza che non le pareva vero; la formica ne rimase folgorata: mai aveva visto una cosa simile! Un essere vivente dotato di mille piedi che cammina e passeggia con tale grazia ed armonia: incredibile, pensò la formica, devo scoprirne il segreto! E così passò dei giorni ad ammirare il passo del millepiedi: lo seguì dappertutto, in ogni angolo del terreno, mantenendosi sempre ad una certa distanza perché temeva di essere scoperta. Dopo qualche giorno la formica, sempre più affascinata ed ammaliata dalla danza del millepiedi ma anche sempre più confusa ed affranta poiché la sua ricerca non aveva portato a nessuna conclusione, si stancò di osservare e decise allora di andare a chiedere direttamente al millepiedi quale fosse il suo segreto. Così gli andò incontro e con la spontaneità di un bambino disse: mi vuoi dire come fai a camminare così bene con mille piedi insieme, mi spieghi come riesci a controllarli ed a coordinarli tutti contemporaneamente? Il millepiedi confessò alla formica di non averci mai ragionato… così cominciò a pensarci su e da quel giorno non riuscì più a muoversi ed a camminare.
Da quel giorno su quel Regno, fino ad allora così felice nella sua spontaneità e quindi così diverso dal mondo dell’Uomo, aleggia una terribile ombra: la sensazione di assomigliare sempre più al mondo dell’Uomo…
Grazie, Fabio,
grazie per l’apologo della formica e del millepiedi.
Volevo completare la tua storia con quella del calabrone che, studiato scientificamente, non potrebbe volare.
Però lui non lo sa e vola lo stesso.
Prima di scrivere però ho voluto documentarmi.
Ho scoperto così che si tratta di una leggenda :
in realtà studi più recenti dimostrano che le corrugazioni sulle alette del calabrone
gli consentono anche dal punto di vista scientifico di volare. Cosa che lui,
con o senza l’avallo della scienza, ha sempre fatto e fa.
Ho così imparato qualcosa, però mi sono perso una simpatica battuta che si presta molto
in varie occasioni salottiere. Ma tanto ormai i salotti non si sono più
e, se ci sono, si parla solo delle 4 “s” : sesso, soldi, salute, siampàgn.
Ho perso il calabrone, ma grazie ad Einstein ritrovo la battuta :
“Tutti sanno che una certa cosa è impossibile da realizzare.
Poi arriva uno sprovveduto che non lo sa e la inventa”.