Il 15 Giugno 1975 un ragazzo di 16 anni entra nella bottega del maestro dei maestri.
Il ragazzo chiede a Giuseppe Carli di farlo lavorare da lui per quell’estate.
Carli da sempre si lamenta di non avere apprendisti, però blocca subito il ragazzino : “Sei troppo vecchio, non sei figlio di un rèmer e vai ancora a scuola. Ormai non puoi più imparare”.
Mogio e avvilito Saverio fa per uscire, ma Bepi lo richiama :
“Beh, se proprio vuoi, puoi venire a guardare”.
Saverio torna il giorno dopo e rimane per 9 ore a guardare. 9 ore a guardare in silenzio.
Per un mese, ogni giorno Saverio torna e guarda. Finchè finalmente una sera Carli gli dice : “Bocia daghe na scoada!”.
Il messaggio signfica che da quel momento Saverio è autorizzato a scopare i trucioli da terra. Oggi diremmo : ‘Assunzione a tempo molto molto determinato’.
Spazzare bottega, raschiare i remi vecchi, passare con i tempi giusti l’attrezzo giusto ……
arrivare dopo mesi e anni alla forcola :
Ogni forcola è un legno scelto con cura, stagionato per anni, scolpito con passione.
Una forma perfetta in cui ogni centimetro ha una sua precisa funzione :
Un attrezzo ogni volta diverso per ogni singola imbarcazione, per ogni singola posizione a bordo e per ogni singolo vogatore : per la sua statura, per il suo peso, per il suo stile di voga.
In una forcola nulla è mai gratuito o puramente estetico : tutto serve e deve servire nelle più diverse situazioni e deve durare per anni. Strumento di voga, ma anche scultura, opera di altissimo artigiano : per me opera d’arte.
Ho frequentato per anni il ‘laboratorio’ di Bepi Carli, cercando di estorcergli sue vecchie forcole, che spesso lui si faceva dare dal gondoliere in cambio delle nuove. Io le forcole le volevo già “vogate” perché non soltanto l’Uomo, anche il Tempo crea la bellezza di una forcola.
Una forcola vogata e poi amorevolmente oliata per anni e anni, una forcola
su cui il passaggio del remo ha reso ogni ‘morso’, ogni ‘recia’, ogni ‘sanca’, ogni centimetro di legno morbido e liscio e brillante come seta, non è più soltanto un oggetto : diventa viva come una persona. Ha una sua storia : è viva !
La forcola fotografata qui sotto per esempio ha una sua storia :
Ha vissuto a Venezia e poi a Burano e da qualche parte a Venezia
la forcola fotografata qui sopra è oggi ancora viva.
Riavvolgiamo il Tempo : è il 1970 circa. A Burano con Giovanna, dopo lunghe ricerche, troviamo una forcola molto vecchia, molto logorata dall’uso e dal tempo. E’ un vero rudere, quasi irriconoscibile.
La portiamo, incartata in fogli di giornale a Carli.
Bepi – senza aprire il pacco e senza aprire gli occhi ! – la tocca attraverso il giornale,
la percorre tutta con la punta delle dita
e la riconosce al tatto come sua.
“Anche se – dice – è stata poi adattata per altra barca,
questa l’ho fatta io !”.
Solo a quel punto noi scartiamo la forcola. Solo a quel punto lui apre gli occhi.
Carli è felice come se avesse ritrovato un figlio perduto e vuole firmare e datare il figliol prodigo.
Ad ogni nostra visita Carli regolarmente negava di avere forcole vogate. Adesso Carli li aveva due apprendisti, Saverio e Vittorio. Oggi Saverio è in assoluto (e comunque per me) il più grande remèr di tutto il pianeta :
I due ragazzi sapevano la verità e sorridevano sotto i baffi, però facevano finta di essere occupatissimi. Io andavo a frugare nello sgabuzzino mentre Giovanna cercava di distrarre Carli. E a volte, non sempre, io una forcola vogata la trovavo. Nascosta, ma non tanto da non poter essere trovata.
A quel punto il Bepi non poteva negare di averla e non poteva rifiutarsi di darmela.
Dal gran signore che era si sentiva in colpa : mi aveva detto una bugia e io gli avevo scoperto gli altarini. Carli sorrideva :
A quel punto e, qualunque prezzo Carli ci chiedesse, senza che io nemmeno pensassi ad una contrattazione perché sarebbe stata blasfema e fuori luogo in quel luogo ‘santo’, la forcola, tenuta amorevolmente in braccio come un neonato, partiva con noi per Milano.
A Milano le forcole erano stupende :
… vivevano come sculture, antiche e modernissime (Fidia e Brancusi e Moore) con la purezza della loro forma, che era tutta e soltanto funzione. Bellezza assoluta con in più il vissuto della patina e la setosità di un legno vogato per anni proprio dove il remo aveva accarezzato migliaia di volte un morso o una sanca.
Ogni anno, a fine autunno prima che in casa si accendesse il riscaldamento invernale, era per me un rito imperdibile di ore e ore oliarle una per una con l’olio paglierino portato da Venezia.
Poi dopo trent’anni di week-end e vacanze in seconda casa, siamo finalmente venuti a vivere a Venezia. A Palazzo Contarini dagli Scrigni-Corfù, le forcole esposte come sculture diventarono grottesche.
A Venezia la vita di una forcola è su una barca : non su un piedistallo in salotto !
Le forcole che a Milano erano bellissime,
a Venezia immediatamente apparvero infelici e ci resero infelici.
In un Palazzo sul Canal Grande, le forcole sui loro piedistalli erano improvvisamente sbagliate.
Facevano pena a noi e, sono sicuro, soffrivano loro.
Ecco perché decidemmo di valorizzarle offrendole all’Ente Gondola.
E fu commovente – Giovanna pianse – vederle esposte all’Arsenale
con la scritta “Dono di Giovanna e Franco Bellino”.
Poi non le abbiamo più viste, però sempre rimpiante.
Credo che ognuna di quelle forcole, oggi esiliate in qualche oscuro e umido magazzino, sarebbe felice di rivedere Venezia, la sua luce e i mille riflessi del Sole e della Luna e delle stelle sul Canalasso.
Sono sicuro che ognuna di quelle forcole, se io potessi oggi accarezzarla, riconoscerebbe
la mano che per anni l’ha accarezzata e religiosamente ‘cresimata’ con l’olio paglierino.
Sono sicuro che ancora oggi, smemorato come ormai sono, persino io saprei -
come anche Bepi Carli faceva – riconoscerla ad occhi chiusi.
E’ la stessa segreta ragione che mi spiegò anni fa, con le sue parole e con il suo viso percorso
dalle rughe di una vita scolpita dai venti dell’Oceano, un pescatore portoghese.
Mi indicava la sua barca tra le mille altre e mi diceva :
“Io non dico che la mia barca sia la più bella del porto. Però dico che ha un modo di muoversi diverso da ogni altra barca”.
Lo stesso per una forcola : ogni forcola è unica al mondo. Ogni forcola è un ritratto :
il silenzioso ritratto sia del remèr che l’ha creata, sia dell’uomo che la voga e la ama.
A me fanno già tristezza ogni sera, le forcole, quando vedo i gondolieri
che preparano la gondola per la notte : i mete la barca da notte.
Sollevano la forcola e la infilano nel cassetto del trasto, nascosta e protetta,
mentre il remo rimane disteso con la pala sotto il telo da poppa, in vista.
Dopo averla accuratamente lavata e asciugata, preparano la gondola per la notte.
Coprono con un telo blu cucito su misura al millimetro, le parti più delicate
(poppa, poltroncine, bronzi sulle fiancate laterali, prora).
Insomma vestono la gondola per la notte proprio come si fa con un bambino
prima di metterlo a letto. No, il bacio della buonanotte
non ho ancora visto nessun gondoliere darlo alla sua gondola,
ma garantisco che nessuno si allontana dal pontile
senza prima voltarsi a dare un ultimo sguardo.
Forse dice, sicuramente pensa : “Buonanotte”.
E io penso alla forcola, che deve sentire molto freddo
in queste prime notti d’autunno.
Lo sciacquio gentile del Canal Grande la culla dolcemente,
ma a volte la forcola viene brutalmente sbattuta contro lo scafo
per il passaggio veloce di un’ambulanza o dei pompieri.
Che risveglio brusco dev’essere per la forcola quello provocato
dalle onde violente che si precipitano sulle gondole addormentate
e le sbatacchiano rudemente.
Non so se la forcola dorme, so che sarà felice la mattina dopo
quando lo sbesariòl o fiòsso verrà a verzèr la barca.
Prenderà in mano la forcola, forse la sfiorerà con una carezza e poi la infilerà
dove la forcola deve e vuole stare : nel nogaro o buso de la forcola,
pronta ad essere accarezzata dal remo.
Una carezza quella del remo alla sua forcola a volte forte e decisa, a volte leggera e prolungata.
Il remo e la forcola : una storia d’amore, un contatto fisico, reale, concreto e quindi anche sensuale.
Un amore che ogni giorno da secoli si ripete a Venezia e che arricchisce d’amore anche la nostra vita.
Ho parlato del rapporto sensuale tra forcola e remo.
Mi fa notare Paolo, il pasticciere-poeta, che un altro rapporto sensuale è quello tra forcola e nogaro. Qui i ruoli sono invertiti rispetto a prima : rispetto al remo che la accarezza la forcola è femmina. Rispetto al nogaro in cui penetra, la forcola è maschio.
Kamasutra in Canalasso ☺
Poi si potrebbe parlare anche della pènola :
Anche lei ha sentimenti. Anche lei ci parla.
Ma per ascoltare la voce della pénola nulla meglio dei versi affettuosi di Paolo, poeta-pasticciere.
So’ un toco de legno
sensa valòr,
ma go da’ sostegno
al megio vogador.
Sensa de mi
la forcola sta mal
e no se pol vogar.
I me spense
i me strense
e quando che i se gà
ben servìo,
i me vanta
e i me buta in rio !
Forse l’amico Paolo non lo sa, ma le parole che dice l’umile pénola
(“Senza di me la forcola sta male …mi spingono, mi stringono,
e quando mi hanno ben usata, mi prendono e mi buttano in rio”)
sono evocate da un famoso verso di Virgilio che circa 2000 anni fa dice proprio : “Sunt lacrimae rerum” : esistono le lacrime delle cose.
Anche gli oggetti piangono. E se a volte piangono, altre volte ridono,
ci parlano e ci raccontano storie.
Ascolta : “Tin Tok”.
Franco carissimo, sempre profondo leggerti e scoprire, attraverso le tue parole, un altro punto di vista. Che non è mai un sopra o un sotto, un destra a sinistra, ma quel modo tutto tuo di regalare vita a ciò che tocchi o descrivi. Anch’io so, come te, che gli oggetti sono dotati di una vita propria: per questo amo circondarmi di cose. Questa espressione sembra derubricare il loro valore, ma in realtà sono tracce della nostra esistenza. Briciole di Pollicino lungo la via che abbiamo percorso, che non abbiamo lasciato, ma raccolto. Come te so che in qualche modo comunicano con noi: non so esattamente come, ma ho la certezza che toccando un oggetto l’energia sprigionata arrivi all’anima. Possono essere il ricordo, il luogo, la persona, il momento: non importa cosa, ma importa chi. E il soggetto di questo siamo noi, con l’oggetto. Grazie sempre per questo tuo prezioso scritto.
Ciao Franco.
Sono sulle spiagge peloponnesiache ma, nonostante lo schermo piccolo, ho letto il tuo poema dedicato a Saverio.
Noi e tutti i suoi amici siamo delle persone fortunate, quando possiamo definirci tali.
Quando i fatti della vita hanno messo Saverio sulla mia strada, ho trovato un tesoro.
Tu lo hai narrato in maniera magistrale : grazie.
Grazie anche per avermi fatta partecipe.
Mi auguro che il tuo scritto venga usato per la presentazione della sua avventura parigina.
Appena torno, con uno schermo grande, riprenderemo a parlarne.
Non a tutti capita di vivere certe emozioni,
ma è più facile che capiti a chi ha il cuore fanciullo.
Un abbraccio grande.
Giuliana Baretera in San Marco…. attualmente Peloponnesiaca.
caro Franco
è incredibile che noi, alla fine, si sia cresciuti e invecchiati assieme, mantenendo sia pur sporadici contatti
Io non ho un blog e non sono bravo come te a raccontare, ma ricordo quella coppia di giovani (rampanti all’apparenza)
che riuscivano ad entrare nel cuore del mio Maestro. Lui baffuto (? ricordo male?) e di una loquacità lombarda;
lei di una bellezza botticelliana con un sorriso leonardesco.
Loquacità e bellezza quasi imbarazzanti per un ragazzotto di quegli anni, qual’ero.
Invero non credevo molto a quello che dicevi che sembrava un po’ sopra l’orizzonte del vero;
come del resto le ricostruzioni a posteriori di molte delle storie sulle forcole,
storie che Bepi sapeva cucire su misura del suo piccolo pubblico.
Mi fa molto piacere però ora esser parte e condividere con te sensazioni ed emozioni di quel tempo,
e mi fa piacere che noi si sia restati in contatto.
E questa tua clausura sarà veramente necessaria alla tua salute ?
o rientra in quell’immaginario, dai tratti inverosimili, che hai sempre saputo dipingere?
So che questo ti serve per prenderti cura di te.
Un abbraccio a entrambi: fate parte della mia vita e so che ci vogliamo bene, ognuno a modo suo
Saverio