Vedo per caso sull’ultima pagina del Bollettino dell’amico Roberto questo vecchietto che sprizza una contagiosa allegria. Me ne innamoro appena scopro che la sua felicità nasce dal fatto che ha raccolto nel grande leggerissimo sacco (come faccio a sapere che l’enorme sacco è leggerissimo ? ma è evidente prima ancora di sapere che cosa contiene : è evidente per il fatto che il vecchietto lo regge con una sola mano e se ne sta allegramente in bilico su un piede solo,
mentre solleva agilmente l’altra gamba e con la sola mano sinistra tiene spalancato un grande libro ) …
ha raccolto nel grande leggerissimo sacco una tale quantità di lucciole che stanotte – pur non potendosi permettere, poverissimo come è, l’olio per tenere accesa una lampada – stanotte potrà però alla luce delle lucciole continuare a leggere lo splendido volume che lui, poverissimo come è, è riuscito a procurarsi e a cui dedicherà tutta una notte che già pregusta, allegrissimo come è, tra le più belle della sua vita.
L’allegrissimo vecchietto si chiama Shaen (Henri L. Joly n.819).
Nasce il dubbio che il nostro italianissimo modo di di dire “ha preso lucciole per lanterne” nasca proprio in Cina (forse l’ha portato a noi Marco Polo) dall’esperienza del geniale amante dei libri e cacciatore di lucciole. Lui letteralmente prende lucciole per lanterne, non potendosi permettere la lanterna. E la storia che Shaen sta leggendo deve essere proprio avvincente se lui vuole assolutamente scoprire come va a finire e non può certo aspettare per saperlo fino al sole di domani mattina. Con il suo carico di lucciole lo aspetta una notte davvero luminosa e la sua felicità è contagiosa : ci regala ancora, mille e mille anni dopo, istanti di felicità.
E’ un fatto: la sua straripante allegria ha reso più felici anche le ore che hanno seguito il mio incontro con lui. Meno allegro invece era il grande Pier Paolo Pasolini quando il 1° febbraio 1975 scrisse il famoso articolo delle lucciole.
“Nei primi anni sessanta a causa dell’inquinamento dell’aria e soprattutto in campagna a causa dell’inquinamento dell’acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più. Quel “qualcosa” che è accaduto una decina di anni fa lo chiamerò dunque “scomparsa delle lucciole”……………… Ad ogni modo, quanto a me (se ciò ha qualche interesse per il lettore) sia chiaro: io, ancorché multinazionale, darei l’intera Montedison per una lucciola”.
PPP potrebbe oggi, quasi 40 anni dopo, rasserenarsi : sempre sul Corriere della Sera leggo “Il ritorno delle lucciole”. Scrive Danilo Mainardi : E’ importante che venga data notizia del ritorno delle lucciole. Perché è una bella notizia, che ha in sé molti significati e che racconta di una memoria non svanita di come è sempre stata la nostra campagna … Le lucciole, come del resto le rondini, sono penetrate nella nostra cultura. I bambini la sera ne mettevano una sotto un bicchiere sperando di trovare al mattino una moneta al suo posto. In Sicilia la lucciola era detta la candelina del pastore (cannilicchia di picuraro) perché ne illuminava le notti nei pascoli…”.
Shaen, il vecchio saggio cinese amante dei libri e per necessità cacciatore di lucciole mi sembra il ritratto di un altro vecchietto che vive a Venezia. Anche lui poverissimo, anche lui amante dei libri, anche lui capace di grande allegria e infinita felicità per le più piccole
e (per altri insignificanti) meraviglie della vita.
Qui a Venezia le lucciole sono ricomparse. Però non volano : nuotano. Le vedi al tramonto, milioni e milioni di luci guizzanti proprio a pelo dell’acqua smeraldo del Canal Grande. In verità non li vedi i pesciolini guizzanti : sono soltanto un lampo di luce nell’attimo in cui riflettono la luna o i lampioni.. un’apparizione magica e brevissima… un attimo e non ci sono più. Ma c’erano. E ci saranno ancora, più tardi o domani. Forse.
Leggerezza, amore per la sapienza, spontaneità nella gioia, massima semplicità di desideri.
Quest’uomo non ha alcun bisogno di intrappolare lucciole per avere illuminazione.
Infatti il suo sacco è vuoto.
Ancor più leggero che se ci avesse chiuso lucciole, esseri liberi.
Anche tu, Stefania, non hai bisogno di intrappolare lucciole per avere illuminazione.
La luce ce l’hai già dentro di te. E vedi cose che non tutti vedono.
E ce le racconti con grazia e sensibilità. Grazie.
Solo oggi scopro che ci sono insetti del genere Pyrophorus nyctophanus (“luccichio notturno portatore di fuoco”)
diffusi nel Sud America. Emettono una luminescenza, proprio come le lucciole.
Però mentre quella delle lucciole è una luce intermittente, che va e viene, la luce dei Pyrophorus è continua.
Pietro Martire d’Anghiera (oggi ‘Angera’) nella sua “Storia delle Indie Occidentali” del 1516
racconta che gli indigeni si legavano alcuni coleotteri alle dita dei piedi per illuminare la strada di notte.
Lo scienziato tedesco Alexander von Humboldt visitò il Sud America tra il 1799 e il 1804
e vide che gli indigeni usavano questi insetti per farsi luce nel buio.
Lui allora volle metterli alla prova e con la luce di una dozzina di questi insetti
riuscì a leggere un libro nel buio della notte