Qualche tempo fa (era il 7 Aprile 1837) vi ho raccontato una favola.
Era la storia di un Re e di un bambino.
Siccome non è di questa favola che voglio oggi parlarvi, vi copio qui di seguito il riassunto che trovate su Wikipedia :
C’era una volta un Re molto vanitoso. Gli interessava solo il suo aspetto esteriore e in particolare il suo guardaroba. Alcuni imbroglioni giunti in città spargono la voce di essere tessitori e di avere creato un nuovo tessuto così leggero che sembra di non averlo nemmeno addosso e così ”intelligente “ (proprio come i missili ‘intelligenti’) che si lascia vedere soltanto dalle persone intelligenti, mentre rimane invisibile per tutti gli altri.I cortigiani inviati dal Re non riescono a vedere quel tessuto perché il tessuto non esiste : non vedono niente. Però, per non passare da stupidi, riferiscono al re che il tessuto è bellissimo. Allora il re si fa preparare con quel tessuto un nuovo vestito. Quando gli viene consegnato, il Re non vede niente neanche lui. Come i suoi cortigiani prima di lui, anche lui decide di fingere e di mostrarsi entusiasta.
E subito il Re indossa il suo nuovo vestito (cioè niente sulla pelle nuda) e sfila in pompa magna per le vie della città. Tutti applaudono e lodano a gran voce l’eleganza del nuovo vestito del sovrano. Solo da un bambino spalanca gli occhi, guarda bene, non vede nulla e grida la verità : « Il Re è nudo ! ».
La bellezza è negli occhi di chi guarda.
La nuova favola (nessuna paura : è solo una favola) racconta invece di un famoso re dei collezionisti di netsuke e di un bambino nato circa 100 anni dopo (il 9 Aprile 1939) quell’altro bambino che aveva visto nudo il Re.
Questo famoso Re dei collezionisti vede un giorno un netsuke e se ne innamora. Decide di acquistarlo e via via negli anni, diventando lui sempre più famoso, convince tutti che quel suo netsuke – un Kirin – è il più bello mai visto (da lui), il più bello mai intagliato : così bello che mai nessuno prima e mai nessuno dopo avrebbe potuto fare meglio.
Ancora oggi il suo Kirin è considerato come il più famoso di tutti i netsuke dagli studiosi, dai collezionisti e dai mercanti che però non lo hanno mai visto, se non in una fotografia.
Un giorno un bambino, che di netsuke non capisce nulla, vede la foto del più famoso netsuke giapponese al mondo e pensa :
* Beh, non è poi così famoso. Lo si vede sempre solo da un lato, come se girandogli attorno si scoprissero cose che non si devono vedere.
** Vuoi vedere che non è nemmeno nato come netsuke ? E’ troppo grande, troppo delicato, ha troppe sporgenze aguzze. Forse è semplicemente un okimono, maldestramente adattato sul lato che non si vede mai con quello che sembra (ma non siamo sicuri) un himotoshi.
*** E infine vuoi vedere che non è nemmeno nato in Giappone ? Visto che sia il Re che tutti i cortigiani dicono apertamente che questo Kirin è “di chiara e innegabile ispirazione cinese”, non sarà che, oltre che ispirato dalla Cina, è stato anche intagliato in Cina ?
Sono pensieri davvero irriverenti. Si scoprirebbe che il più famoso netsuke giapponese non è famoso, non è un netuske e non è giapponese.
Per stornare le inevitabili accuse di “empietà”, accuse che chi legge sta già mentalmente formulando e che già crearono brucianti problemi ad Aristarco di Samo, Copernico, Galileo e Giordano Bruno (si parva licet), il bambino saggiamente si guarda bene dal dire ad alta voce “il Kirin è nudo !”.
Ecco perché questa nuova favola ho dovuto scriverla io.
Hans Christian Andersen
Post Scriptum
Non mi sarei mai occupato del ‘Kirin’ Meinertzhagen, che mai ho visto e probabilmente mai avrò occasione di vedere, almeno in questa mia attuale reincarnazione, se la settimana scorsa non avessi avuto il privilegio di leggere in anteprima un articolo che Roberto Gaggianesi pubblicherà su “Netsuke”, il bollettino della sua Galliavola.
Incuriosito, mi sono allora gustato in Rete un divertente dibattito che si è sviluppato sul Forum dell’International Netsuke Society dal 26 Dicembre 2004 per circa 5 anni.
Una lettura davvero istruttiva. Lì sono intervenuti grandi studiosi e collezionisti. Alcuni di loro, “Warburg” e “Shugenja” (sono pseudonimi, of course) in vari modi e con una competenza che io non mi sogno, hanno ipotizzato, suggerito, azzardato, però senza mai dirlo apertamente, quello che il nostro bambino ha invece impudentemente pensato : il più famoso netsuke giapponese non è abbastanza famoso, non è un netsuke, non è giapponese e praticamente nessuno l’ha mai visto.
Per chiudere elegantemente questo funerale di una leggenda (niente paura: è solo una favola), consiglio la calda voce che già accompagnò la fine di un altro mito, la principessa Diana d’Inghilterra.
Il link è questo : [qui]
Dall’album ‘West Coast’ Elton John canta :
We cheated the system
never batting an eyelid
Seeing only the good
Through the holes in our shoes
And our halos were rusty
but we wore them proudly
We were two little gods
In the Emperor’s new clothes
I am so happy that I posted this text because it gave me the chance to receive an elegant and brilliant lesson, of netsuke scholarship and more important of life style, from a true Master.
His words are so sharp that I asked the venerable Master to reproduce them just as I got them :
Dear Franco
I checked out the Meinertzhagen Kirin. I am sure it is Japanese; it is also brilliant. I agree it’s right up there among the finest ever netsuke and was almost certainly made as one. It shouldn’t really matter if it had a couple of holes drilled in it, it was a Netsuke by the time Meinertzhagen got it. A toggle is a toggle : take an old wing-nut and use it as a toggle and it is a toggle for the time being. It is the Victorian mind that likes to put things in one box or another and then pin them down – not good if you are a butterfly or a beetle.
Chinese and Japanese styles of carving the beast are quite different, and the elongated neck of the typical kirin in the Netsuke world does not exist in Chinese depictions; nor is it often shown squatting, which suits a netukse ideally, but doesn’t mean anything in particular to the Chinese – where it is usually shown standing or prancing with rather equine proportions. Also the exaggeratedly bush tail and the bulging, musculature of the flanks – with or without star-like whorls to indicate hair – are typically more Japanese than Chinese. I’d bet my granny on it being Japanese as advertised.
The Meinertzhagen Kirin is purely Japanese in style, but one other remote possibility occurs to me: given the trade between Fujian province and Japan via the Ryukiu islands in the late-Ming/early-Qing. It is possible that Chinese ivory carvers produced wares to Japanese taste and design for export. It is unlikely, since the Japanese were such spectacular ivory carvers and could do it themselves. If they did, however,then they didn’t just do one, they would have done a regular series in which case they are still ‘Japanese’ netsuke even if carved abroad. It is a long shot, but vaguely possible.
The problem with such controversies is that the people who tend to broach them know one side of the equation but not the other: i.e. they know Japanese art, but not Chinese art, When they see something which doesn’t fit neatly into what they expect, they propose a Chinese origin out of the blue, but don’t understand how unlikely the piece becomes stylistically as Chinese.
However, from what I understand of the arts of both cultures, the Meinertzhagen kirin is not only typically Japanese but one of the best. It seems a rather attractive option among those with shallow expertise to damn things, Taking a contrary view makes them sound clever among their peers, but when the dust has settled they tend to look a little silly, gullible.
If you are going to publish your amusing analogy to the Emperor’s new clothes, I’d do it with an even hand, balancing the possibility of it being Chinese with the likelihood that it is the carping detractors who are perhaps looking in the mirror where they see naked fools. Leave open the conclusion but in such a way that when the dust settles everyone will look back and see what a wise, and well clad, chap you are.
Francesco Morena dice:
26 maggio 2010 alle 16:04
“Mai dire mai”. Per me la regola di Mister Bond è stile di vita, amica e consigliera, grillo parlante cui conviene sempre dare ascolto. Il “Kirin Meinertzhagen” cinese? perchè no!
Ma…
1) esiste nell’arte cinese una produzione in avorio di altissimo livello e di impatto ‘naturalista’ (vedi ad esempio i due probabili esemplari di cui ho parlato nell’articolo sull’asta San Giorgio) ma, a mia conoscenza, non c’è intaglio che possa stilisticamente avvicinarsi a quello del Kirin in questione;
2)
molti netsuke giapponesi raffiguranti il kirin hanno un impianto compositivo simile a quello che caratterizza il nostro. Il “kirin che ulula alla luna” (così mi viene da definirlo al momento): un’iconografia molto particolare, non ispirata da una fonte a stampa, per la quale si attendono ancora studi che ne chiariscano la provenienza. Tuttavia, a mia conoscenza, finora essa compare solo tra i netsuke giapponesi, non nella statuaria cinese;
3)
certo, un intaglio così elaborato, ricco di aguzze protuberanze mal si presta a fungere da netsuke, poichè avrebbe ridotto a brandelli il lussuoso abito del ricco proprietario originario. Il dubbio si insinua: dunque, e se il “Kirin Meinertzhagen” fosse stato realizzato per essere non indossato ma collezionato? Un okimono dunque. E se così fosse, perchè non di epoca Meiji (qualcuno forse, se non ricordo male, proponeva provocatoriamente questa ipotesi già nel forum dell’INS)? Ma quale artista giapponese attivo in epoca Meiji, dopo aver realizzato un simile splendore, si sarebbe negato il piacere di firmare la sua opera? Nessuno, credo.
4)
Mi sembra invece che la tecnica di questo intaglio sia espressione di uno ’stile giapponese’ per la ricerca di ‘ombreggiature’, la finezza del dettaglio, etc… certo, l’influsso cinese è evidente, ma quale netsuke che si dica ‘arcaico’ non mostra questo retaggio continentale?;
5) il quinto argomento è solo una dichiarazione di resa: potrebbe anche essere cinese, questo “Kirin Meinertzhagen”. Fin tanto che non venga fuori una documentazione inoppugnabile si può dire tutto e il contrario di tutto, senza giungere ad una conclusione. Alimentando però quella piacevolissima pratica che è la discussione.
In ultimo, ringraziando Franco Bellino per il suo intervento, ricordo a me stesso che su questo tipo di argomenti, è necessaria una lunga meditazione fatta di studio, riflessioni e ripensamenti. Quello che ho scritto in questo commento è senz’altro frutto di divagazioni improvvisate, che ben si prestano al dialogo ma non possono avere quella valenza scientifica in cui credo fermamente.
Caro Franco,
capisco che l’intaglio di questo netsuke possa non piacere a causa dei suoi eccessi e concordo sulla ingenuità di una qualsiasi definizione che includa “il più bello del mondo”, sebbene a definirlo così sia Joe Kurstin (il proprietario), persona che ha maneggiato i più importanti netsuke di tutto il mondo. Quindi puoi sentirti liberissimo, per quel che mi riguarda, di dire che non ti piace, e sicuramente non mi scandalizzo. Non mi scandalizzo nemmeno per l’ipotesi che non nasca come netsuke, anzi: diverse caratteristiche remano contro questa ipotesi. Però se vuoi dire che è cinese, allora mi sa che ti tocca tirar fuori dal cilindro qualche cosa di concreto: un qualcosa di simile, un riferimento, qualcosa su cui riflettere, insomma.
A presto,
Giuseppe
Nota a Kirin nudo
In tempi non sospetti, il 10 giugno 2010, avevo azzardato la temeraria ipotesi che il più famoso netsuke giapponese, il “Kirin” Meinertzhagen, non fosse poi così giustamente famoso (nessuno ne aveva mai visto il retro), non fosse un netsuke e non fosse nemmeno nato in Giappone.
Ovviamente nessuno osò pubblicare la mia ipotesi che apparve soltanto qui sopra.
Oggi però mi dice Roberto Gaggianesi (comunicazione personale) che gli studi più recenti portano proprio nella direzione di affermare che il “Kirin” Meinertzhagen non sia un netsuke e non sia giapponese.
A onor del vero, era stato proprio il Bollettino n.15 del Giugno 2010, che io avevo avuto il privilegio di leggere in anteprima, che mi aveva ispirato l’ipotesi tanto audace che non osai firmarla con il mio nome, attribuendola invece al grande favolista Hans Christian Andersen, autore de “Il re è nudo”.
A pagina 9 di quel numero di “Netsuke” il mitico Bruno Asnaghi, maestro di sterminata cultura ed irresistibile simpatia, definiva il Kirin Meinertzhagen :
“uno dei più classici netuske adattati”.
Quindi non nasce come netsuke : nasce come scultura e poi forse (ma io non ci credo) viene adattato a netsuke, vero o finto che sia.
E poi Bruno Asnaghi continuava definendolo : “di chiara provenienza cinese”.
Del resto lo stesso Meinertzhagen si era lasciato sfuggire : “la sua classica dignità mostra una ispirazione cinese”.
Ispirazione cinese” non è ancora, e non potrebbe essere mai in bocca a Meinertzhagen, ammissione di fattura cinese. Però era già una chiara indicazione, un indizio importante proprio perché giungeva dalla bocca stessa dell’indiziato.
Erano state proprio la preziosa pubblicazione di Gaggianesi, le parole di Asnaghi e l’ammissione di Meinertzhagen a spingermi 4 anni fa a proporre l’audace ipotesi, scrivendo papale papale : non è un netsuke e non è giapponese.
Anatema !
E’ inelegante proporsi come quello che “l’avevo detto io !”.
E infatti non l’avevo detto io : l’aveva scritto Andersen.
Però se chi pubblica (Direttori ed Editors e Comitati di lettura) fossero un po’ meno timorosi di infrangere cristallizzate verità, forse ci si avvicinerebbe più rapidamente e meno faticosamente a quella che sarà pur sempre una verità temporanea e superabile, ma è pur sempre un piccolo passo avanti.
“Se rischi, puoi toppare, dice il saggio. Ma se non rischi, toppi sicuro.”
Sarò grato a Roberto quando avrà, se mai lo avrà, un attimo di tempo di scrivermi qui sotto non dico il suo personalissimo parere, ma almeno le indicazioni bibliografiche o sitografiche per rintracciare i più recenti sviluppi della dibattuta questione.