Se il chiaro di luna
avesse un suono
sarebbe
il canto di un grillo.
.. e se Beethoven avesse letto questi versi di Hawthorne,
avrebbe scritto “Chiaro di luna” per pianoforte e grilli.
Sabato 24 settembre. Sto cercando in Campo san Maurizio dalla gentile signora Anna,
che è l’unica a conoscerli e a proporli, i servizi cinesi in porcellana per uccellini : minuscoli piatti, vassoi e abbeveratoi destinati nell’antica Cina (e forse ancora oggi) alla tavola degli uccellini.
Trovo dei vassoi ancora più piccoli e più leggeri e più delicati di quelli destinati agli uccellini.
Scopro che sono destinati ai grilli !
Ho sempre pensato che un minuscolo oggetto che puoi tenere in mano, accarezzare, portare a spasso con te
nascosto in una tasca, a volte può racchiudere l’anima di un popolo. La sintesi di migliaia di pagine e di anni di studio.
Dice il saggio : “Nelle cose piccole si trovano i valori più profondi della vita”.
Oggi ognuno di questi due “piattini per un grillo” me lo conferma :
Fin dai tempi più antichi i Cinesi hanno mostrato un grande interesse per gli insetti.
Quella per il grillo poi è una passione cinese che vanta oltre duemila anni di storia.
L’antropologo Laufer distingue tre periodi principali.
L’epoca che precede la dinastia Tang, nella quale i grilli venivano apprezzati in natura o nelle abitazioni per la loro musica. Della passione per i grilli c’è traccia infatti già nello Shījīng (詩經, 诗经, Shih1-ching1), in italiano “Libro delle Odi”, (1100-600 a.C.) la più antica raccolta di testi poetici cinesi.
Poi l’era Tang (618–907 d.C.), quando si iniziò a rinchiudere i grilli in gabbia per il piacere di ascoltarne le melodie.
L’ultimo Imperatore della Cina, Pu Yi (1908-1967) dopo la Rivoluzione Culturale ritrova nel film di Bertolucci
il suo grillo proprio dove lo aveva lasciato, nascosto dietro al trono imperiale
e lo passa, simbolicamente, alle nuove generazioni :
Musica per una solitaria notte d’amore.
Le concubine imperiali usavano minuscole gabbiette d’oro come domicilio per i loro preziosi grilli da compagnia.
Queste bellissime infelici fanciulle, destinate ad una vita dorata nella dorata gabbia dell’harem imperiale,
amavano la compagnia di un grillo, come loro coccolato, viziato, ma prigioniero, solo e malinconico.
Il poeta immagina che il canto del grillo, che la fanciulla tiene accanto al cuscino nella notte silenziosa,
consoli la malinconia e la solitudine di una giovane donna, con tutti i suoi sogni e i suoi desideri,
che sa di essere una presenza invisibile in un harem che ha tremila altre fanciulle sue rivali agli occhi di un solo uomo.
“In queste infinite notti senza amore io sono importante almeno per lui, almeno per il mio grillo.
E lui canta tutta la notte solo per me”.
Più importanti che non le sue tremila concubine erano per l’Imperatore i suoi grilli : perciò aveva eunuchi, veri e propri professionisti il cui solo compito era prendersi cura dei piccoli insetti, in vista delle loro esibizioni canore per l’Imperatore.
A corte si riteneva il grillo un passatempo di rango imperiale, un minuscolo animale da compagnia
apprezzato sia come musicista che come gladiatore.
In entrambi i casi infatti il grillo si dimostra intelligente e raffinato :
elegante musicista sul palcoscenico e abile stratega in guerra,
capace di studiare l’avversario ed elaborare poi una tattica vincente.
Trapelando dalle stanze segrete del Palazzo Imperiale – la “Purpurea Città Proibita” -
l’amore per i grilli si estese e diventò un hobby molto trendy.
Pittori, poeti, calligrafi, musicisti, funzionari e monaci li allevavano.
Uno storico lamenta che molti nobili si ridussero in rovina per le spese eccessive dedicate ai loro grilli.
Questo hobby, diversamente da altri assolutamente esclusivi, era poi condiviso anche dal popolo minuto.
Nell’era Song (960–1278 d.C.) fiorirono le gare di combattimento tra grilli.
Da raffinati musicisti i poveri grilli dovettero inventarsi anche come rudi combattenti.
Gladiatori allevati e allenati a combattere nell’arena per uccidere o essere uccisi.
Spesso però il combattimento, su cui si scommettevano (e ancora oggi si scommettono) cifre enormi, non aveva un esito cruento.
Più temibile dell’avversario era allora per il grillo sconfitto la reazione del proprietario,
che molto ha scommesso e tutto ha perso.
Dialogo tra un grillo cinese e un polipo napoletano
Forse anche quei grilli avranno frinito in mandarino : “Ch’agggi’ ‘a fa pe’ campà”.
E’ quello che borbotta, sgranchendosi i tentacoli acciaccati, il mitico polpo partenopeo che il cameriere pesca dall’acquario all’ingresso del ristorante e poi sbatacchia violentemente sul marmo per dimostrare al cliente che lo ordinerà “bollito con patate” o “alla Luciana” che il polpo è più che fresco: è ben vivo.
Da anni il polpo non viene sacrificato in cucina (dove è già pronto il precotto) ma quando ormai il cliente è al suo tavolo e non vede, viene rituffato nell’acquario all’ingresso del locale.
“Ch’agggi’ ‘a fa pe’ campà” dice tra sé e sé il polpo rassegnato – pur di sopravvivere – a inevitabili future dimostrazioni del suo essere, acciaccato ma ben vivo.
“Ch’agggi’ ‘a fa pe’ campà” diceva probabilmente in mandarino il povero pacifico grillo costretto suo malgrado a fare la faccia feroce. E la Cina mi riporta a Napoli : troppo divertente l’episodio storico o forse leggendario, delle truppe di Francesco II di Borbone (per i sudditi napoletani “Franceschiell”).
Lo scalcagnato esercito di Franceschiell sta per affrontare i pochi ma grintosissimi garibaldini.
Il generale fa il discorso alle truppe per dargli coraggio.
La voce di un fante dai ranghi lo interrompe :
“Genera’, comme shparamm ? nun tenimm ‘e munizione”.
Il generale accigliato, dall’alto del suo bel cavallo, lo fulmina :
“E vuie facite a faccia feroce !”.
Perché amare e coccolare proprio i grilli ?
Da sempre in Cina il grillo (e con lui la cicala) ha grande valore simbolico.
In agricoltura il suo canto annuncia il cambiamento delle stagioni, in particolare l’arrivo dell’autunno.
Il pittogramma da cui deriva l’attuale carattere cinese per ‘autunno’ pare sia originariamente collegato all’immagine del grillo.
Per questa sua associazione all’autunno, il grillo è anche simbolo di malinconia, solitudine, tristezza e, secondo la superstizione cinese, porta sfortuna ferirlo o fargli del male.
D’altro lato invece, per la sua capacità di produrre molte uova, il grillo è simbolo di prosperità,
poiché evoca la fortuna di avere molti figli e per un Cinese antico
il massimo del successo nella vita era avere quanti più figli possibile.
Il grillo è anche simbolo di coraggio. In più “canta” (in realtà il grillo “suona”, per cui per me è più “musicista” che “cantante”) una musica sottile e penetrante.
Perché il grillo (solo il maschio adulto, i giovani grilli e le femmine no) canta ?
Ad oggi non si sa. Potrebbe essere un canto d’amore, una proposta di matrimonio, l’espressione di una qualche emozione. Forse il grillo canta solo per il piacere di cantare. L’arte per l’arte.
Anche il ciclo di vita del grillo per i Cinesi ha valore simbolico.
Le sue tre fasi : l’uovo, la larva e la metamorfosi in insetto evocano in parallelo la vita, la morte e la rinascita.
Rinascita : non soltanto come in Occidente un “Ricordati che devi morire”,
ma anche e soprattutto un “Ricordati che devi vivere”.
E per chi lo crede : “Ricordati che risorgerai”.
O per altri più ad Oriente : “Ricordati che rinascerai”. Rinascerai magari grillo.
Perciò la musica del grillo potrebbe anche contenere un messaggio per l’uomo :
“Trattami bene oggi perché domani grillo potresti esserlo tu”.
Marzullo : Meglio essere grillo o rinascere grillo ?
Data la loro importanza e popolarità, i grilli sono stati oggetto storicamente di diversi manuali e trattati che illustrano dettagliatamente tecniche di ricerca, cattura, allevamento, diete, istruzioni per combattimenti e per esibizioni di canto, malattie e cure e infine il cerimoniale per la loro sepoltura. Ci sono indicazioni su come curare i piccoli insetti in caso di costipazione, di ferite e persino quando soffrono di vertigini !
Cito perché troppo divertente, soprattutto per i suoi risvolti scientifici :
“Pare che il grillo sconfitto, a combattimento terminato, tenda a deprimersi
e si rifiuti di combattere ancora. I grillini cinesi però sono riusciti a far fronte anche a questa ‘malattia professionale’
con una terapia poi avvalorata da ricerche dell’università di Stanford e da esperimenti dell’università di Leipzig.
Il padrone del grillo in depressione lo scuote per un po’ tra le mani chiuse e poi lo getta in aria,
lo fa volare un poco per infine “raccoglierlo”.
Pare che, dopo un po’ di questo “cricket jumping”, all’insetto ritorni la voglia di combattere.
Della serie che il grillo decide : “Piuttosto torno a combattere,
ma non rompermi ancora con questi sbattimenti tra le mani e salti nel vuoto”.
Spero che nessun allenatore di calcio legga queste righe anche se, confesso,
mi piacerebbe che questa radicale terapia, trasferita ai piani più alti di uno stadio,
venisse applicata ai nostri strapagati calciatori, depressi per una sostituzione ritenuta ingiusta
o con il maldipancia funzionale a nuovi più lucrosi contratti.
Nella trattatistica cinese ci sono naturalmente indicazioni di menù e diete e ricostituenti
per i diversi periodi dell’anno e per le diverse età e i diversi compiti del grillo.
Molti di questi testi, purtroppo, sono andati perduti nel corso delle guerre civili e durante la Rivoluzione Culturale,
ma ad oggi rimane il celebre ed autorevolissimo “Book of crickets”, un vero e proprio trattato,
scritto dal Ministro Kia Se Tao all’inizio del XIII secolo.
Raffinate poesie celebrano gli eroismi ed i virtuosismi canori di emuli orientali di Domingo, Carreras e Pavarotti :
Questa poesia, scritta in epoca Tang da Bai Juyi (da me amato come ‘Po Chu-i’), è dedicata ad un grillo dispettoso :
il grillo canta per tutta la notte che è sempre più lunga e non smette nonostante l’autunno nuvoloso e la pioggia.
Tutto preso a disturbare la mia anima insonne e melanconica, il grillo si avvicina al letto, cri dopo cri.
Il classico grillo-rompi !
La grillo-mania ha provocato inoltre l’ideazione di una vasta gamma di ‘case-per-grilli’ :
contenitori rifiniti ed elaborati, con soluzioni di architettura e design diverse per l’estate e per l’inverno,
per facilitare il passaggio di aria fresca o il riscaldamento :
zucche modellate durante la crescita in forme elegantissime..
gabbiette non solo di bambù e di legno, ma persino in oro, giada, porcellana, madreperla, avorio, smalto cloisonnè ..
Oltre alle abitazioni, soluzioni da viaggio e da passeggio, arene da combattimento, lettini relax,
angoli per la concentrazione e infine raffinati servizi da tavola in miniatura.
Per circa 50 anni ho viaggiato in Estremo Oriente, frequentato gallerie antiquarie in tutto il mondo,
studiato all’ISMEO, sui libri e sul web. Eppure solo pochi giorni fa, per la prima volta in vita mia,
ho visto dal vero qui a Venezia due pezzi di un servizio da tavola per grilli :
Adesso che ho letto quel minimo di bibliografia disponibile, so che sono piccoli recipienti di porcellana,
più spesso di ceramica. A volte nelle foto si vedono piccole ciotole di argilla che contengono cibo e acqua.
Si vedono anche, accanto al padrone di casa, lettini o scatole da riposo.
I servizi di porcellana sono spesso bianco-e-blu e hanno decorazioni a colori che rappresentano semi,
vegetali, frutti, pesciolini rossi, la carpa, il drago e ovviamente i grilli a cui questi servizi sono dedicati.
Su alcuni di questi minuscoli vassoi ci sono delle scritte.
Una dice “L’eremita delle montagne verdi” ed evoca forse il rifugio di un grillofilo filosofo.
Su un altro piattino si legge“Combattendo coraggiosamente a fine autunno” :
è dedicato forse alla tarda età (fine autunno) di un valoroso grillo combattente.
I grilli combattenti più valorosi vengono considerati come reincarnazioni di famosi guerrieri del passato.
Sono perciò trattati sotto ogni punto di vista – alloggio e arredamento, vitto e fitness – come viventi eroi di guerra
Un grillo che ha vinto molti combattimenti viene onorato con il titolo di “Grillo conquistatore” o “Generale grillo”.
Quando muore lo si depone in una piccola bara d’argento e viene poi solennemente seppellito.
Ha vissuto alla grande : per tutta la sua breve vita gli sono state offerte le più raffinate e costose prelibatezze grillesche.
Menù del giorno o preferisce à la carte ?
Cosa mangiano i grilli ? Sinceramente non lo so.
Leggo però che in Cina i grilli, o quanto meno chi scrive di loro, considerano molto appetitoso
un menù composto in estate di cetriolo fresco, lattuga, verdure di campo e polpa di melone.
In autunno e inverno invece il menù di stagione prevede castagne, fagioli gialli pre-masticati.
Un famoso allevatore li nutre con un composto di farina di frumento, avena e mele tritate.
Per alcuni dei campioni più famosi, che costano cifre esagerate (nel 1999 si registrò il più alto prezzo mai pagato
per un grillo : arrivò a costare 100,000 RMB cioè 13.320 €uro) e su cui si scommettono cifre ancora più esagerate,
la dieta servita nei servizi da tavola che in questi giorni mi affascinano è molto rigorosa :
larve di mosca, zanzare al ginseng, tavolette di calcio e castagne al vapore.
Scopo di questo menù è rinforzare i muscoli del grillo e stimolarne la combattività.
Il menù è spesso tenuto segreto dai proprietari e si dice che vengano somministrati anfetamine e stimolanti
per migliorarne la prestazione in combattimento.
In occasioni particolari (forse un principio del doping così di moda oggi ?)
miele, fiori di assenzio e persino la versione cinese del MDMA detta “Ecstasy”.
Anche per questa ragione i combattenti in cartellone per un incontro importante
vengono prima isolati per ore nella stessa stanza per evitare che vengano dopati.
Alcuni allevatori appassionati e masochisti, prima del combattimento del loro campione,
si fanno ripetutamente pungere da zanzare (evidentemente disponibili su richiesta).
Quando la zanzara è ben piena di sangue umano viene servita (tartare di zanzara) al grillo
che dovrebbe trovare in questa dieta da cannibale ulteriori stimoli di combattività.
Un grillo veramente viziato poi può vedersi riservato persino un bagno di erbe
e uno o due vermetti vivi subito prima di un combattimento.
Sui grilli e sui servizi da tavola a loro destinati so ancora troppo poco.
Molto di quel poco che so lo devo ad alcuni link imperdibili che proporrò nel primo commento qui sotto.
Per anni però ho amato e accarezzato un oggetto italiano, probabilmente toscano, destinato ad ospitare un grillo.
Eccolo
Ho sempre pensato che questo “Memento mori” in legno di bosso, modellato con straordinaria sensibilità e finezza,
fosse in realtà destinato a consolare la solitudine di qualche frate o di qualche eremita, anche laico.
Il canto del grillo era per lui, più che un banale “Memento mori”, una promessa di rinascita, o quanto meno resurrezione. Ho sempre voluto credere infatti che lo sportellino scorrevole sul retro servisse al mattino, dopo una notte di musica,
per liberare il grillo e lasciarlo tornare libero nel focolare di casa o nei campi.
In Cina, ma anche in tutto l’Estremo Oriente, peraltro una simile procedura è ancora oggi praticatissima
e si chiama”Fang Sheng” (liberare la vita):
Per acquisire meriti, ma forse anche soltanto per il piacere di farlo, si riscattano con una modesta offerta
piccoli animali prigionieri – pesciolini, tartarughe, uccelli e anche insetti – e si restituisce loro la libertà.
Per finire con un sorriso ricordo un grande che ci ha lasciato troppo presto.
Massimo Troisi che trasforma in un indimenticabile sequenza e in una promessa di vita eterna
il cupo “Memento mori” del Savonarola in trasferta da Firenze :
link https://www.youtube.com/watch?v=cl2X4c5Gf6w
Ricordati che devi morire !
Va bene … Sì, sì, no …
Mo’, mo’ me lo segno …
Non ti preoccupare…
Non preoccupiamoci. Ricordiamoci di vivere. Oggi. Ora.
Suggerimenti per chi vorrà approntare una biblio/sito/grafia sul tema :
Molto ricco, documentato e da me spero impunemente saccheggiato
questo sito di Silvia Sartori :
http://ziyuusan.blogspot.it/2013/03/gryllus-in-fabula.html
Brillante anche il testo testo di Jin Xing-Bao
dello Shanghai Institute of Entomology, Academia Sinica
http://www.insects.org/ced3/chinese_crcul.html
con una ricca bibliografia di ben 23 titoli
Barry J. Soloman
“The Cricket Story”
in ‘Arts of Asia’ – volume 14 n.6 Nov.-Dic.1984 pp.76-87
Lisa Gail Ryan
“Insects Musicians & Cricket Champions”
China Books & Periodicals, San Francisco 1996
E’ buffo (ma forse buffo non è il termine ne esatto) che i sovrani del più grande impero del mondo avessero in tanto conto un insetto così piccolo. Forse una sorta di contrappasso? E che chi disprezzava la vita di quelli che gli stavano attorno tanto da renderli schiavi, avesse la sensibilità di commuoversi per il canto del grillo e arrivasse ad onorarne la memoria e dunque come contraddizione della contraddizione pensasse di metterne a repentaglio la vita facendolo combattere. Come dire apprezzare(amare) a tal punto la bellezza da volerla distruggere. C’è di che pensare alle contraddizioni che si agitano nel nostro pensiero ed agitano le nostre azioni
arillo, animaluccio cantatore, zerri-zerri ra sera….zicrí zicrí zicrí…….(Salvatore di Giacomo)
Franchetiello Belliniello, che t’aggia dí…a me tutte ‘ste “chinoiseries” me fanno nu poco arrevutá.
Una sera estiva tra un cestrum nocturnum e un selicereus un duo di “arilli” ha immagato Capri (Marina Piccola,Pensione Weber).
I steve cu ‘na bella femmena e tra ‘na cosa e n’ata parlavo dei miei parenti a Napoli.
Ah ! Zì Peppeniello , maestro proprietario e direttore di una banda musicale, diceva che erano i meglio concertanti dei suoi strumentisti
e sperava di averne sempre nel suo piccolo giardino pensile in Vico Cagnazzi ai Pirozzoli a Capodimonte per bearsene nella sua vecchiaia
della quale diceva “che bella etá, la meglio etá, te scuordo ‘e tutte cose……peccato ca dura poco……Salute a noi tutti, se ne gghiuto ‘a sera da Maronna
do Carmene (16 luglio) suo compleanno ‘a bellezza ‘e 98 anne ! ! ! zicrí zicrí zicrí…..i suoi “arilli” animalucci cantatori zerri-zerri ra sera l’hanno
arricreato fin’ all’urdeme.
‘A stagione ca vene, accattamoce ‘na cajola r’arilli e accussì cI arricreammo pure nuie, pure si stamme ch’e pacche int’all’acqua……
p.s. ‘A capuzzella ‘e muorto serviva a chiedere elemosine in chiesa………….
Sarai semprepersempre un sognatore……….e ti sia concessa come “licenza semantica”……..
F & S e P & G (comparielli di battesimo)
Musicale, anzi “musica”, vera musica la poesia che Salvatore Di Giacomo dedica al grillo
e che gli amici F&S mi ricordano qui sopra con musicale e partenopea sensibilità :
Arillo, animaluccio cantatore,
zerri-zerre d’ ’a sera
ca nun te stracque maie,
addo’ te si’ annascosto?
’A do’ cante? Addo’ staie?…
Passo — e te sento.
E me fermo a sentì…
Zicrì! Zicrì!
Zicrì! Zicrì!
Zicrì!…
E me pare ca staie
(mmiez’a ll’èvera nfosa)
sott’a sta funtanella,
e int’a stu ciardeniello
ummedo e scuro
d’ ’o llario d’ ’o Castiello…
. . . . . . . . . . . . . . . . . .
Arillo,
ca stu strillo
mme faie dint’ ’o silenzio
n’ata vota sentì…
Zicrì! Zicrì!
Zicrì!
accumpagnate ’a casa
stu pover’ommo,
stu core cunfuso,
sti penziere scuntente,
e st’anema ca sente
cadé ncopp’a stu munno
n’ata malincunia —
chesta ’e ll’autunno…
Gli amici F&S potrebbero adattare i versi del loro conterraneo Salvatore
al piccolo giardino, inevitabilmente umido e sottopasto all’acqua alta, proprio davanti a casa loro :
E me pare ca staie
(mmiez’a ll’èvera nfosa)
sott’a sta funtanella,
e int’a stu ciardeniello
ummedo e scuro
d’ ’o llario d’ ‘a Giudecca…
Musicale e divertente anche la storia di questa poesia pubblicata nel 1915
in un numero unico tutto dedicato alla guerra, e quindi al rombo dei cannoni e non certo all’esile voce di un grillo,
per l’imperdonabile distrazione del poeta :
Salvatore Di Giacomo, “Arillo, animaluccio cantatore!”, in: “La Ruota. Rivista mensile illustrata”, Roma, II, n. 6 (25 giugno-10 luglio 1916).
La poesia compare su “La Ruota” per la seconda volta. Prima era stata pubblicata in: “L’Idea Nazionale”,
numero unico dedicato alla guerra, ottobre – novembre 1915.
Il Croce, nell’aprire il giornale, fu molto sorpreso della collaborazione insolita e poco intonata agli altri scritti di professori e accademici
che “dalla loro consueta indifferenza politica e dalla prona ammirazione per la Germania,
erano passati ai vituperi dei rinnegati contro la scienza tedesca” e ne domandò all’amico.
Il Di Giacomo, con un biglietto del 3 novembre 1915, chiariva l’equivoco spiegando c
he la sua poesia era stata “pubblicata per caso in quel numero dell’Idea Nazionale”
perché egli, leggendo sbadatamente l’invito, aveva creduto si trattasse di un numero letterario.
(Biblioteca Lucchesi Palli. Archivi di Teatro. Napoli).
Distratto il poeta, e ci sta. Ma ben più distratti redattori e editori della rivista.
D’altra parte se è vero che “Editore è chi separa il grano dalla pula e poi pubblica la pula”,
in questo fortunatissimo caso i distratti giornalisti pubblicarono un gioiello.
Il tema della nostalgia e dell’impossibilità del recupero del tempo trascorso anima di dolce, malinconica poesia
le ultime liriche, quiete, aeree, di una sofferenza intensa e lieve al contempo: …
Arillo, animaluccio cantatore, dove il poeta invoca sconsolato un grillo di accompagnarlo a casa
col suo canto perché è ormai un pover’uomo dal cuore confuso, dai pensieri scontenti. (non trovo la fonte)
Scrive Pietro Pancrazi : E’ una di quelle suggestive poesie che già prima di cantare hanno intorno a sé un alone di canto
e cominciano, si direbbe, prima del loro principio…
Nel finale così improvvisamente diverso il poeta scopre a sé e a noi quale era stato il suo primo e vago cruccio in quella sera di settembre :
soltanto un presentimento dell’imminente autunno, un’altra malinconia ncopp’a stu munno…
e con quelle accorate e pesanti parole quasi ci si consegna umile e disarmato :
sensuale creatura che sa godere di tutto (anche del richiamo di un grillo), ma per poi di tutto soffrire.
Quanto Di Giacomo, e del più caro Di Giacomo c’è nel breve poemetto del Grillo cantatore !
Per continuare senza pudore questo musicalissimo “scherzo allegretto prima, malinconico poi”,
canto di parole che mimano il canto del grillo, nulla di meglio ci sarebbe di ascoltare Achille Millo che legge il grillo Arillo.
Ma purtroppo non trovo questa lettura su Youtube. Sarei grato se qualcuno mi aiutasse.
Chiudo allora con le note di un pianoforte, di notte ma senza grillo come in “Chiaro di luna”,
con la voce di Gianni Caputo che legge i versi di Salvatore Di Giacomo :
https://www.youtube.com/watch?v=HtOKbhl6AY4&index=12&list=PLxhv5SkuFGXCyWWdZxiqoR5kLWA_fiGEX
Sarebbe bello ascoltare queste stesse parole dalla voce di Roberto Murolo, ma anche in questo caso le ricerche su Youtube non hanno successo.
La cantano tutti, da Tito Schipa a Fausto Cigliano, ma nessuno che sappia rendere la musicalità di Di Giacomo
quanto Mina che canta sì diverse parole, ma ci fa vivere la stessa malinconia :
https://www.youtube.com/watch?v=955CZui2g24
L’arillo parte-nopeo e parte-napoletano è meno “ammosciante”
del lungo lunghissimo excursus sulla GRANDE MURAGLIA CINESE.
E piú sincero nelle proposizioni e conclusioni quanno ‘a capa nun se va luntana…
Grazie ! e salutame ‘a manesca……..
f.s.
Grazie molte moltissime da S. che “si ciacea” a raccontar quel che sa.
Ti alllego, per beneficenza, due filastrocche partenopee,
ereditate dalle infallibili sibille poi madonne poi zie che ci allevarono : la prima è una nenia,
Arri, arri cavalluccio,ci accattammo nu bello ciuccio,
l’accattammo a Mercogliano e ce ne iammo fino a Milano.
L’adulto cullava tra le braccia “a criatura” ma a volte prendeva sonno prima lui ……..
La seconda è una invocazione propiziatoria che favoriva la cattura dei grilli:
Arillo arillo arillo
chillo co vere
chillo s’o piglia……..
Per altre formule F&S faranno ricerche.
F. con ossequi (Totó diceva …esequie..)
In una mail dal titolo “Gryllus in fabula, not in tabula”,
Silvia titolare del prezioso sito
http://ziyuusan.blogspot.it/2013/03/gryllus-in-fabula.html
mi scrive :
Buongiorno Franco,
mi scuso innanzitutto per il ritardo di questa mia risposta: e’ un periodo molto carico
e confido vivamente in un paio di settimane piu’ tranquille all’orizzonte imminente.
Grazie mille, poi, per il riferimento al tuo (possiamo darci del tu?) sito, e al brano specifico: veramente deliziosi !
Ma soprattutto, che sorpresa scoprire che abiti a Venezia!
Venezia e’ dove di solito “scappo” quando torno in Italia (sono della provincia di Treviso, quindi poco distante) –
ed e’ il posto in cui sogno di poter vivere un bel giorno.
Quando torno a Venezia rifaccio pace con l’Italia (forse perche’ Venezia e’, alla fine, a modo suo “oltre l’Italia”).
Magari ci vediamo durante la mia prossima “incursione veneziana”
Buona settimana!
Silvia
Grazie, Silvia. Alla tua prossima ‘incursione veneziana’
si va per ombre e cicheti nei più malfamati bàcari di Rialto.
Francolino bellino sottino
sei ostinato, ma senza rigore nella tua ossessione di diversioni.
‘Sto “memento mori” (che un compagno di liceo -Vitiello – fantasioso
zuccone tradusse “nel momento di morire” – è una “palla” rimbalzante
quando nell’apprendimento della tortuosissima lingua (ma chi sa se si capivano
tra di loro..) ti trovi con i verbi di coniugazione irregolare (ma questo è anche origine
di “pallosissimi” grammatici di tempi recenti. Memento è imperativo di meminiscor, deponente
attivo e la frase “memento mori” nella sua versione: “Fratello ricordati che devi morire”
che Troisi sdrammatizza rispondendo a Benigni “aspetta ca mó m’o scrivo” altrimenti lo dimentica,
non penso che sia declinabile nelle varianti che
con arguzia anche se incompleta (memento noli frangere testicula…) tu proponi.
È un gravoso latino ecclesiale che – come frase finale – viene preceduto da :
REGULA VITAE Inscripta Romae in Cancellaria Papali, atque ob selecta,
quae pro omni hominum statu complectitur, documenta inde in varias Regiones et lingua translata.
FIDE DEO. DIC SAEPE PRECES. PECCARE CAVETO. SIS HUMILIS. PACEM DILIGE. MAGNA FUGE. MULTA AUDI.
DIC PAUCA. TACE SECRETA. MINORI PARCITO. MAJORI CEDITO. FERTO PAREM. PROPRIA FAC. NON DIFFER OPUS.
SIS AEQUUS EGENO. PACTA TUERE. PATI DISCE. M E M E N T O M O R I.
Ti prego di sforzarti a inviarmi una libera traduzione – alla Vitiello –
“O voi ch’avete gli intelletti sani MIRATE la dottrina
che s’asconde sotto il velame degli versi strani.”
Se mi leggi adesso 22.24 t’aspetto – per ridere ancora un’ora.
f.s.p.g.
Abbastanza spesso, abbastanza inutilmente, qualche amico affettuosamente mi rimprovera
di dedicare troppo del mio tempo ad oggetti insignificanti, che non sono certo opere d’arte degne di tanta attenzione e di tanta passione.
Sono frammenti di porcellana, abbeveratoi per uccellini o per grilli, amuleti per patologie psichiatriche di nomadi africani,
frammenti di vetro trovati in barena e ricevuti in regalo dall’amico pasticciere.
Tanto tempo, troppo tempo ?
Mi confortano le parole di un grande, che parla di un altro grande e che leggo solo oggi.
Il grande che scrive è Eugenio Riccòmini; il grande di cui parla è l’artista Wolfango;
lo scritto presenta una mostra a Palazzo d’Accursio a Bologna che purtroppo non potrò vedere.
Ma i giganteschi dipinti di Wolfango sono stato tra i primi a scoprirli tanti e tanti anni fa
e non passo da Bologna senza salire nella Sala Stampa di Palazzo re Enzo per rivedere “Il cassetto”.
Scrive Riccòmini :
“ Ai pochissimi che ogni tanto me lo chiedono, rispondo che il tempo necessario per leggere un dipinto di qualità
è lo stesso tempo che impiega il pittore a preparare, eseguire e compiere la sua opera. Esagero, certo…. esagero, ma non mento :
perché leggere un dipinto complesso e difficile da eseguirsi è un esercizio che richiede attenzione estrema e tempo, senza distrazione.
Si tratta cioè di un esercizio non tanto diverso da quello che si fa leggendo un grande romanzo o un poema
o ascoltando una corposa sinfonia in musica; e rileggendo e riascoltando, assaporando ogni parola, ogni accordo.”
Dedicare tempo all’arte è il migliore investimento che si possa fare del proprio tempo.
Subito dopo al tempo dedicato all’amore.
Mi scrive una carissima amica, moooolto più brava di me a raccontare una storia.
Mi scrive una pagina così bella che vorrei averla scritta e soprattutto averla vissuta io.
Ecco Stefania :
Ciao Franco,
lo sapevo! Ero certa che prima o poi avrei trovato un tuo raffinatissimo testo dedicato ai grilli !
Anni fa, quando ancora vivevo a Gran Canaria, decisi di salire su quattro aerei diversi e, dopo circa due giorni interi di viaggio,
raggiungere Chicca a Jaipur dove stava preparando la sua tesi di laurea.
Era giugno: il mese più caldo in assoluto; temperature proibitive annunciavano
con circa tre settimane di anticipo l’arrivo del monsone estivo.
Per sfuggire alla morsa del caldo torrido decidemmo di concederci una breve vacanza a Sud,
in uno sperduto paesino sulla costa occidentale nello stato di Goa.
Ignare che il monsone estivo investe l’India da Sud a Nord, ci rendemmo conto, ahimè troppo tardi,
che a Palolem, piccolo paesino di pescatori, la stagione delle piogge era già arrivata dalla fine di maggio.
Tutti i pomeriggi, puntualissime, verso le tre e mezzo spuntavano dall’orizzonte dei nuvoloni grigi madreperla
che, se non fossero stati così minacciosamente carichi di acqua, li avremmo aspettati quasi con gioia.
Man mano che avanzavano verso di noi, l’aria si appesantiva; si faceva quasi fatica a respirare,
una pellicola umidiccia ti cadeva sulla nuca; era piacevole: una benedizione fugace, disinteressata che ricevevi socchiudendo gli occhi.
Gli uccelli impauriti cercavano rifugio nella foresta a pochi passi dalla spiaggia.
Il monsone, che è educato, annunciava sempre il suo arrivo brontolando la spossatezza di un viaggio ormai arrivato al capolinea.
Mi ci vollero un paio di giorni per rendermi conto che, tra lo smorzarsi della luce e l’arrivo della notte,
tra l’ultimo fragore di ali e il tonfo della prima goccia sulla sabbia, ci sono circa sette secondi di assoluto silenzio:
una finestra concessa a tutti coloro che ancora aspettano il momento giusto per sparire.
Rintanate dentro il nostro bungalow di bambù ascoltavamo ipnotizzate il canto di un grillo
nascosto in un’invisibile intercapedine nella parete che separava la stanza dal bagno.
Un suono assordante, reso ancora più struggente dal frastuono dell’acqua sul legno
da cui ci difendevamo premendo forte il cuscino sulle le orecchie.
Confesso che una sera, esasperata da quelle note acutissime che minacciavano di farci impazzire,
saltai giù dal letto e, munita del sandalo destro, cercai forsennatamente di stanare il maledetto grillo.
Non avrei cercato di convincerlo ad abbassare gentilmente il volume; no,
lo avrei colpito con il tacco del sandalo che immaginavo fosse la parte letale dell’arma.
La Chicca mi incitava dal letto a stanarlo e a farlo fuori…
nella penombra della stanza illuminata dal bagliore diabolico dei suoi occhi felini,
colpivo la parete con una furia che stentava a riconoscere come mia.
Poi all’improvviso il canto cessò.
Come era rassicurante il gorgoglio delle pozzanghere che bollivano sotto la pioggia,
i denti bianchi di mia sorella in fila dentro la sua bocca spalancata,
il trionfo che mi impediva di lasciare cadere il sandalo sul pavimento.
Ci addormentammo spossate dall’indolenza di un pomeriggio fradicio di muffa e pagine appiccicate.
Mi piace pensare che il grillo scelse di proposito proprio quell’ora intorno alle quattro o poco prima delle cinque,
quello che sin da bambina identifico come il “cuore della notte”,
la profondità massima che può raggiungere il buio prima di virare lentamente verso il blu e poi il celeste di un giorno che arriva subito dopo.
La prima nota arrivò fino in cielo, colpì la luna in un occhio e rimbalzò sulle nostre teste sudate.
La seconda nota ci trapassò fissandoci al materasso, alla sabbia, alle viscere fluide e gassose della terra.
La terza nota ci spinse a mettere la testa sotto il lenzuolo e a cercarci senza riuscire a smettere di ridere.
Il grillo cantava adesso ancora più forte di prima, e l’unica cosa che riuscimmo a fare fu applaudire e chiedere un bis.
Grazie per avermi fatto rivivere quella notte tropicale davvero indimenticabile.
A presto
Stefania
Mala tempora currunt : Grilli prodotti ogni giorno dalla Italian Cricket Farm in un capannone di tremila metri quadri che si trova a Scalenghe, provincia di Torino: 200 mila. Obiettivo di produzione da raggiungere nel momento in cui i grilli non saranno più dati in pasto solo a rettili, animali da cortile o galline, ma anche agli esseri umani: dieci milioni di grilli (sempre al giorno). Costo attuale di mille grilli: 20 euro. Elogio del grillo come animale da allevamento e futura possibile soluzione della fame nel mondo: «si riproducono in tempi brevi, crescono in fretta, hanno un basso impatto ambientale, il loro ciclo di vita dura solo otto settimane» [Giaimo, Sta].
Ricevo proprio in queste ore, 4 ottobre 2023, (che sia un dono per il mio onomastico ?)
dal più caro amico milanese, nato però a Bernalda e ‘basilisco’ uno scritto sui grilli.
Trovi questo saggio grillesco col titolo “Grillando grillando” con splendide immagini a questo link :
https://www.milanopost.info/2023/10/02/grillando-grillando/
“Grillando grillando” è di fatto un vertiginoso ottovolante tra la storia dei grilli,
la loro attualissima e perversa destinazione gastronomica e la scatenata fantasia di Berardino.
Leggere le righe di Berardino è come passeggiare senza la guida di Virgilio in un girone dantesco
o addentrarsi – personaggio per personaggio – in un dipinto di Hieronymus Bosch, “il diavolo dalle ali d’angelo”.
Visto che abbiamo evocato il Vate, non aggiungo nemmeno una sillaba al testo di Berardino Grillo sui grilli :
“Parole non ci appulcro”.
Ho più sopra evocato “il Vate”pensando a Dante Alighieri.
Mi fa giustamente notare il Grillo Parlante che di solito si scrive “il Vate” pensando a D’annunzio.
Di solito, quasi sempre, ma non sempre !
Ma non senpre, mi soccorre sempre il Grillo basilisco :
Mi complimento con te riguardo l’uso del termine “Vate” riferito a Dante:
è azzeccatissimo. L’ha usato anche l’Alfieri riferendosi al Nostro Sommo Poeta
(dal vocabolario Treccani):
“o Vate nostro, in pravi Secoli nato, eppur create
hai queste sublimi età che profetando andavi “