“Il cuore conosce ragioni che la ragione non conosce”.
Senza necessariamente citare Pascal, il cuore dell’amico Roberto Vascellari
conosce ragioni che la sua ragione non conosce.
Roberto, titolare di uno dei più famosi negozi di ottica di Venezia, conoscitore profondo
e raffinato dell’universo dell’ottica e dei suoi strumenti (se capitate in zona chiedetegli
di mostrarvi la sua preziosa collezione di antichi e rarissimi occhiali)
decide di celebrare il Carnevale 2017 esponendo dei piatti da fritoe veneziani.
Follia carnevalesca ?
Roberto si procura un’intera collezione di antichi piatti da fritoe
e li sistema elegantemente nelle sue vetrine di Ruga Rialto (San Polo 1030),
a poche decine di metri dal Mercà e dal Ponte di Rialto.
Roberto espone i piatti dotandoli anche di prelibate fritoe che, presumo, vengano ogni giorno
fraternamente divise tra il personale della galleria e qualche fortunato cliente.
Carnevale, frittelle di Carnevale e piatti veneziani per le frittelle di Carnevale …
cosa c’entra l’ottica con le frittelle ????
L’ottica c’entra e qui il cuore di Roberto ha scoperto ragioni che nemmeno la sua ragione poteva prevedere.
I piatti da fritoe sono i nipoti poveri dei nobili e preziosi elemosinieri antichi.
E anticamente gli antenati dei piatti da fritoe – vassoi, bacili, elemosinieri,
piatti battesimali – venivano anche esposti non solo come decorazione
su pareti e credenze : venivano proprio usati anche come strumenti ottici :
ripetitori / riflettori / moltiplicatori / diffusori di luce.
Sistemati verticalmente alle spalle di una candela o di un candelabro
svolgevano proprio la preziosa funzione ottica di moltiplicare la luce e illuminare gli ambienti.
“Il candelabro con un piatto metallico per riflettere la luce delle candele è documentato in Inghilterra da prima del 15° secolo …. Nella seconda metà del 17° secolo si sviluppano nuove tipologie… il piatto di metallo riflettente assume diverse forme : spesso è preziosamente cesellato o lavorato a sbalzo, decorato con stemmi araldici, figure ornamentali, corone nobiliari…”
(Gordon Campbell in “The Grove Encyclopedia of Decorative Arts” volume 1 pag.324)
La scoperta della funzione ottica dei piatti da fritoe,
o quantomeno dei loro diretti antenati, è una conferma dell’antica verità :
“Il cuore conosce ragioni che la ragione non conosce”.
Il cuore di Roberto ha capito prima di qualsiasi ragionamento che gli umili antichi piatti da fritoe avevano tutta la dignità
e il pieno diritto di essere esposti accanto ai più preziosi ed eleganti strumenti dell’ottica contemporanea.
Le vetrine di Vascellari in Ruga Rialto sono la prova sc..sc..scientifica
(come diceva “il Pantera” in “I soliti ignoti”), sono la dimostrazione luminosa e appetitosa di questa emozionate verità.
Q.E.D.
(Quod Erat Degustandum)
Mi rendo conto, con profonda sorpresa, che il mitico film del 1958 di Mario Monicelli “I soliti ignoti”,
candidato ai premio Oscar 1959 come miglior film straniero, è oggi ignoto.
Un film che ha sia divertito (Totò, Gassman balbuziente, Mastroianni, Salvadori,
ma anche Tiberio Murgia “Ferribotte” e Carlo Pisacane “Capannelle”, doppiato in bolognese da Nico Pepe)
sia fatto sognare (indimenticabile l’apparizione di Claudia Cardinale) intere generazioni
è oggi assolutamente sconosciuto.
Amici carissimi, persone colte e persino appassionate di cinema e fotografia,
non soltanto non ne sanno assolutamente nulla, ma non hanno nemmeno la minima curiosità
di saperne qualcosa o, non oso pensarlo, di vederlo.
Per giustificare il mio riferimento a “il Pantera” nel titolo di questo testo,
mi affretto perciò – oltre a suggerire la visione dell’ imperdibile film – a fornire l’indispensabile link :
https://www.youtube.com/watch?v=Lvi0qBY3mFs&t=8s
Nel tentativo, temo vano, di convincere chi legge a vedere il film,
cedo la parola a Vittorio Gassman che nel suo libro autobiografico “Un grande avvenire dietro le spalle”,
riferendosi al clima gioviale che regnava sul set, racconta:
“La maggior parte delle scene non riuscivamo a finirle dal ridere!”.
Caro Franco, denuncio tutta la mia ignoranza in merito a film, musica leggera e sinfonica, arte e quant’altro non riguardi il mondo della mia amata “arte”.
Solo il collezionismo mi ha costretto circa vent’anni addietro ad allargare gli orizzonti del mio sapere, per scoprire ed identificare modi di vita passati messi in relazione con le epoche nei quali certi oggetti erano stati utilizzati.
Molto spesso si incontrano oggetti, che detta alla mia maniera “La mente ignora le ragioni che il cuore conosce” e da ignorante dichiarato non ricordo chi asseriva “va dove ti porta il cuore”, ma il cui acquisto o la sola vista ti carica di emozioni irrazionali.
I piatti da Frito’e della collezione di Giovanna, erano in tema con le vetrine che avrei voluto allestire nel periodo in questione, ma mi procuravano un’emozione diversa dal semplice uso dell’oggetto.
La tua curiosità è proverbiale. Quando mi hai fatto vedere quel libro degli elemosinieri, nel quale i piatti d’ottone erano usati a mo’ di riflettori , e mi hai parlato di Luce ed ottica ho capito le ragioni della primordiale emozione provata. Infatti nel settecento, lavorarono a Venezia dei grandi costruttori ottici, Il Burlini e la famiglia dei Selva.
Domenico Selva nel 1740 usando all’epoca circa 500 specchi, e sappiamo che in origine lo specchio era una lastra di metallo molto lucida, strabiliò i veneziani illuminando incredibilmente il teatro san Gian Grisostomo.
Come vedi gli ottici nei secoli non son serviti a vendere solo occhiali, ma ogni campo ha avuto necessità della figura dell’ottico, dall’astronomia con il cannocchiale alla medicina con il microscopio, dalla botanica con i vetri azzurri alla salvaguardia della vista con i vetri verdi veneziani (vedi Occhiali da Doge). L’ottico ha sopperito alle debolezze della vista e consentito lo studio od il lavoro anche a chi non avrebbe potuto permetterselo.
Ma c’è un’altra cosa al quale gli ottici hanno contribuito ed è la gastronomia. Senza “Fogo non se cusina” e gli ottici contribuirono anche ad “accender foghi” ed ora ti lascio a sbrodolarti con la tua innata curiosità.
Un abbraccio,
Roberto.
Grazie, Roberto. Il tuo non è un semplice commento :
é l’inizio di un nuovo interessante capitolo
che merita di essere approfondito. Da te, di corsa (=of course).
“L’accender foghi” con strumenti ottici per cucinare
è il tema che tu, senza fretta, svolgerai.
Io sarò il tuo primo appassionato lettore.
Tu va, come ti suggerisce Susanna Tamaro, dove ti porta il cuore.
Roberto aveva scritto in un suo commento qui sopra : “c’è un’altra cosa al quale gli ottici hanno contribuito ed è la gastronomia.
Senza “Fogo non se cusina” e gli ottici contribuirono anche ad “accender foghi” ed ora ti lascio a sbrodolarti con la tua innata curiosità”.
Oggi finalmente Roberto si ricorda della promessa e la mantiene :
“Cercando la citazione che non son riuscito a trovare forse perchè l’avevo scritta sul tuo sito
mi son ricordato ora del motivo per cui ti ho citato l’arte culinaria.
Gli ottici vendevano lenti d’ingrandimento ma queste non erano sempre usate allo scopo di lettura
ma spesso anche per accendere il fuoco, ed erano infatti dette lenti ustorie.
Quindi tra i vari sistemi di accensione dei “foghi” per scaldarsi o illuminare o cucinare
anche gli ottici ci hanno messo del loro e volevo allestire una mostra proprio su questi oggetti….
ma la senilità me l’aveva fatto scordare. Ha-ha-ha
Ciao,
Roberto.