Nel bel mezzo del Canal Grande il Comandante ferma il suo vaporetto. Vogliono ammirare – lui, i marinai e tutti i passeggeri – un meraviglioso cavallo di legno che viene sollevato dal ponte di una barca da carico lungo la facciata su fino all’ultimo piano di Palazzo Contarini dagli Scrigni – Corfù. E’ il 9 Gennaio 2001 ed è il primo arrivo di Argo a Venezia nella sua nuova casa veneziana.
Ma Argo era con noi già da molti anni.
La nostra storia d’amore con Argo è stata ed è ancora una storia d’amore. Immediato e irresistibile.
Il nostro primo incontro con il cavallo (non aveva ancora un nome) fu per Giovanna e per me durante una pausa-pranzo a Brera. Maurizio, il geniale inventore de “L’Oro dei Farlocchi” aveva appena finito di decapparlo e stava per sistemarlo in vetrina, ma non fece in tempo.
Vederlo e volerlo per Giovanna e per me fu un attimo.
Era bellissimo. Era vivo. Guardava proprio noi due.
Non ci fu tempo per dubbi, domande, richieste di prezzo.
Era irresistibile. Io però dovetti resistere perché avevo un appuntamento importante in ufficio e dovetti scappare. Ma Giovanna no : non seppe resistere al colpo di fulmine.
Mi aveva visto così innamorato di quel cavallo dorato che volle farmi una sorpresa d’amore.
Non bastavano i nostri due stipendi di un mese, ma Maurizio – innamorato come noi di quel cavallo e contagiato anche lui dall’amore che vedeva così evidente in noi due per il suo cavallo – fu molto comprensivo.
La sera stessa di quel primo giorno il cavallo entrò trionfante in casa nostra :
E’ la mattina dopo : alle 8 arriva la signora Enrica, nata e sempre vissuta in campagna (il marito, il signor Primo, anche poco fuori la Milano del 1967 si alzava ogni notte alle 3 per mungere le vacche), che da anni aiuta Giovanna per la casa e per la vita, come una sorella e una mamma e una vera amica. Nessuna cultura, ma una intelligenza e una sensibilità straordinarie.
La signora Enrica vede il cavallo. E’ abbagliata. Si commuove.
Dice : “E’ bellissimo. E’ antico. Dobbiamo dargli un nome antico …..
(ci pensa un po’, poi dice sicura) ……. Argo !!!”
Avevamo troppo amore per la signora Enrica e per il suo amore per il cavallo per dire che “Argo” era il nome non di un cavallo, ma del cane di Ulisse : “Argo” fu.
“Argo” era il nome perfetto per il più bel cavallo mai visto su decine di volumi e musei di tutto il mondo. Forse un cavallo da giostra, più probabilmente un pezzo unico, l’opera su commissione ad un vero scultore per il bambino di una famiglia principesca. Non si spiegherebbero altrimenti l’eleganza della composizione e la raffinatezza di ogni singolo dettaglio, persino le vene sul muso fremente e i tendini delle zampe sollevate.
Solo i cavalli di Fidia possono competere con la sensibilità e i fremiti di ogni vena della testa di “Argo”. Impennato, le orecchie ritte, gli occhi attenti a guardare davanti a sé, il collo inarcato, con tutto il peso su un solo supporto e sugli zoccoli posteriori : vivo !
Da casa non partivo per nessun lungo viaggio senza prima “salutarlo” : una lunga affettuosa carezza sul muso e sottovoce : “Torniamo presto”.
Ascoltava. Capiva.
Argo era vivissimo, ma fragilissimo.
Abbiamo speso vere fortune perché Argo viaggiasse con noi così protetto e sicuro che nemmeno la Gioconda.
Ha fatto Milano > Venezia (la volta che per ammirarlo si fermò il vaporetto in mezzo al Canal Grande).
Ha fatto Venezia >Piazza del Campo a Siena, risalendo proprio da dove partono i cavalli che corrono il Palio (“la mossa) tutta la facciata di Palazzo Pannocchieschi d’Elci.
E poi da Milano è tornato a Siena, questa volta in una Torre del Mille – la Torre de’ Rossi – dove lui aveva un’intera parete di pietra come sfondo per la sua maestosa bellezza :
Per rendere ancora più emozionate l’inarcarsi del suo collo e l’impennarsi sulle zampe posteriori acquistai una scultura africana di due serpenti aggrovigliati. Appoggiati al suolo davanti ad “Argo” i serpenti sembravano proprio provocare il suo gesto che non era di paura, ma di attacco. Si impennava per schiacciarli, come fa Maria con il Serpente.
Alla fine però, proprio per amore, dovemmo separarci da Argo e lui da noi.
Il vero amore non deve per forza avere un lieto fine, perché il vero amore non finisce mai. Lasciarsi con amore è un altro modo di dire : “Ti amo”.
Erano passati molti anni, lui aveva fatto troppi viaggi :
lui, come noi, era diventato troppo fragile per affrontare un altro viaggio. Argo capì.
Così per troppo amore ci separammo.
Lo comprò Maurizio, lo stesso antiquario che cinquant’anni prima ce lo aveva venduto.
Imballato con una gigantesca cassa di legno costruita su misura per lui,
“Argo” arrivò sano e salvo a Milano e il giorno dopo era già venduto.
Questa è la storia di Argo. Una storia che non ha il lieto fine,
ma che ci dice una importante verità : a volte per amore è giusto separarsi.
Fa male, ma fa bene.