Appena l’ho visto mi sono innamorato.
Un cavallo che volta la testa per guardarmi e mi sorride non l’avevo mai visto.
In realtà lui sorride perché è ubriaco. E’ ubriaco da 2000 anni,
però è giovane, elegante, allegro come un puledro
che abbia appena vinto una corsa.
L’amore era già nato. Ma io di lui non sapevo niente. Sapevo che era bronzo, modellato a tutto tondo, che un tempo era stato dorato, ora aveva una stupenda patina verde smeraldo.
La patina sul davanti presenta incrostazioni verdi negli incavi più profondi e meno raggiungibili.
Sul retro è di uno stupendo cognac ramato che solo alla lente di ingrandimento mostra i resti delle stesse ossidazioni.
In vari punti riemerge l’oro sottostante.
Ecco le misure in centimetri : altezza 4,5 larghezza 3, profondità 1,5.
Strano : questo rapporto triplo>doppio>unità.
Sapevo però, avevo subito visto che ha una dote indiscutibile :
una rara e assoluta qualità.
Null’altro : poteva essere greco, romano, rinascimento, barocco, persino moderno. Veramente antico o antichizzato. Forse frammento di una scultura più grande. Forse terminale di una decorazione. Forse un’immagine nata per essere autonoma.
Non sapevo ancora nulla di lui, ma sapevo ascoltarlo.
Allora il cavallino ha cominciato a parlarmi : nei mesi e negli anni mi ha raccontato la sua storia. Sempre sorridendo, come a dirmi che gli sono simpatico. O forse sorridendo per avvisarmi che mi stava raccontando delle storie.
Come prima storia mi ha rivelato il suo antico nome romano. E’ un “fulcrum”.
Il fulcrum è un oggetto antico, prezioso e importante.
Poi il cavallino mi ha mostrato a cosa serviva e dov’era il suo posto nel triclinio, la sala da pranzo degli antichi Romani :
Il triclinio – dal greco τρι- “tri-” e κλίνη ”letto – aveva tre o più letti su cui i padroni di casa e i loro ospiti si sdraiavano per il pranzo. Il fulcrum era la decorazione di questo divano-letto su cui i Romani amavano distendersi per mangiare, bere, dialogare, fare brindisi e – perché no ? – allegramente ubriacarsi in compagnia.
Perciò quale divinità era la più propizia per ornare con appliques di bronzo la spalliera ricurva che, sagomata ad “S” inclinata, funge da testiera del letto per sostenere i cuscini ? Sicuramente Sileno, il gaudente che amava mangiare, bere, dialogare, fare brindisi e allegramente ubriacarsi in compagnia del suo adorabile cavallino ?
Il cavallino mi ha insegnato a vedere la sua bellezza
E’ una scultura davvero molto strana perché fronte e retro sembrano evocare due culture diverse, venire da epoche lontanissime :
Il fronte è realistico : tutto un gioco di luci e ombre, sembra una scultura ellenistica o barocca o espressionista. La testa si volta verso destra e accentua il dinamismo della piccola scultura.
E’ come se il cavallino si fosse accorto di te e si girasse a guardarti : l’occhio vispo, la bocca socchiusa …
… la criniera tutta un intreccio di onde, quasi i lunghi capelli di una fanciulla che accompagnano la linea elegante del collo.
Il retro invece è tutta un’altra musica : puro volume. La criniera che sul fronte è un fiume frastagliato di onde, qui sottolinea la torsione del collo come pura fluente linea con solo tre impercettibili tacche ad inciderla e a frangere la luce.
Il collo del cavallo, una curva liscia ed elegante, invita il pollastrello del pollice a scorrervi sopra e ad accarezzarlo :
Accarezzarlo a lungo : un piacere più tattile che visivo.
Sembra di sentire la pelle tiepida, il pelo morbido, un corpo vivo e in
movimento. Stupenda essenziale sintesi.
La luce accarezza queste due diverse superfici – il fronte e il retro -
e ne trae due effetti profondamente diversi :
E’ musica !
Sono i due movimenti : ‘allegro con brio’ davanti e ‘andante maestoso’ sul retro. E’ una musica che racconta l’eterna bellezza, la grazia,
la potenza e la nobiltà del cavallo.
Poi il cavallino mi ha raccontato una sua avventura.
Rappresenta un cavallo arabo, quindi estremamente raro e prezioso per la cultura del tempo :
Lui si era imbarcato nell’isola di Delo su una nave che portava preziosi oggetti greci a Roma. A Roma però non ci è mai arrivato perché la sua nave è affondata. Così attraverso i secoli e mille diverse mani il cavallino è arrivato a Venezia dove noi due ci siamo incontrati.
Un giorno il cavallino mi ha parlato di un suo carissimo amico : Sileno.
Sileno non si è considerato mai il suo padrone, ma solo un compagno di bevute :
Non è un caso : il tema del fulcrum è spesso legato al banchetto, quindi al godimento del cibo, alle gioie della vita, a volte persino alla resurrezione.
Sileno beve, si ubriaca e lascia bere il vino anche al suo compagno di viaggio, il cavallino.
Alla fine sono ubriachi tutti e due e Sileno può addirittura cavalcare al rovescio :
Si fida, tanto il cavallino ubriaco conosce la strada meglio di lui.
In fondo loro due non devono andare in nessun posto :
dove vanno, vanno bene. Sereni e felici.
Infine un giorno, sottovoce, il cavallino mi ha confessato che è ubriaco.
Ci sono infatti e si vedono segni inequivocabili della vistosa ubriachezza del cavallino.
Un indizio è la bocca semiaperta e infatti la bocca del mio cavallino è socchiusa : sorride !
E infine, prova irrefutabile di ebbrezza le orecchie ritte in direzioni diverse.
E’ innegabile : l’orecchio destro è ripiegato indietro, come ad ascoltare la voce di chi lo cavalca, mentre l’orecchio sinistro è ritto in avanti, ben attento a cogliere ogni rumore di fronte.
Un altro giorno però nella storia del cavallino invece del naufragio sono apparsi i pirati. Lui non sa come, ma è finito addirittura in Uzbekistan a Samarcanda.
Adesso era nella casa di Omar Khayyam, un grande poeta persiano.
Come me, anche Omar Khayyam amava molto il cavallino. Sapeva che avrebbe dovuto essere a Roma e non a Samarcanda e però conosceva un grande poeta romano, Orazio che aveva scrittto : “Cogli l’attimo”.
Così Omar dedicò al suo cavallino questi versi,
che partono proprio dalle parole di Orazio : “Cogli l’attimo !”
e le adattano al cavallino ubriaco :
“L’attimo è una bottiglia.
Afferralo questo attimo. Bevi e sii felice”
Un lungo viaggio quello del mio cavallino :
dal blu del mare della Grecia,
al blu delle moschee di Samarcanda,
fino al verde smeraldo del Canal Grande qui a Venezia.
Un’altra poesia di Omar Khayyam sembra rivolgersi proprio a me :
Se trascorri il tuo tempo
con fanciulle dal volto di luna,
sta lieto.
Poi che ogni cosa del mondo
nel nulla finisce,
pensa che tu sei nulla,
ma già che ci sei,
sta lieto”.
Io da 62 anni trascorro il mio tempo con una fanculla dal volto di luna,
dai capelli di sole e dagli occhi di stelle. Sarà anche vero
che ogni cosa del mondo nel nulla finisce,
ma già che nel mondo per ora ci sono, stò lieto.
E il cavallino ubriaco maestro di vita e narratore di mille storie,
tutte vere o inventate, mi guarda e sorride.