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In un vicolo di Bangkok dei ragazzi giocano con una palla di bambù.
Colpiscono la palla con i piedi, con le mani e con la testa.

Mi incanto a guardarli. Mi incanto soprattutto a guardare la loro palla.
A volte rotola fuori campo e arriva fino a me. La prendo, la guardo e gliela rilancio.
Ma vorrei tenerla.

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La palla di bambù è un capolavoro di design. Non c’è un filo, una corda, un fil di ferro,
un minuscolo chiodino, uno scotch : niente. Solo l’arte infinita di modellare e poi intrecciare il bambù. Ore di lavoro con un unico attrezzo : mani sapienti e creative.
‘Compasso d’Oro’ e ‘International Design Award’ garantiti, se solo i designers avessero occhio per il design spontaneo e geniale di artigiani primitivi e raffinatissimi. L’intelligenza non è solo nella testa : la cultura è anche nelle mani.

 

Perché qualcuno ha fatto questa palla di bambù ?

Certo non per soldi.
Nessuno avrebbe pagato mai le ore e i giorni impiegati per fare questa palla.
Certo non per la gloria.
Nessuno gli avrebbe mai fatto i complimenti per aver creato una bella palla di bambù.

Perché farla allora ?

Per il piacere di fare bene una cosa che sai fare bene.

 

Quando ho chiesto la palla di bambù ai ragazzi che ci stavano giocando,
era il 1969 e già esistevano a Bangkok palle di gomma o di plastica.
Più comode, più leggere e persino più economiche.

 

Io non ho mai fatto una palla di bambù, ma certo non è un lavoro né semplice né rapido.
Devi prima scegliere il tronchetto di bambù più adatto. Farlo stagionare.
Tagliarlo a listelli sottili il più possibile uguali tra loro.
Ammorbidire i listelli lasciandoli a bagno il tempo giusto : non troppo poco sennò non li lavori, non troppo a lungo sennò si ammosciano.
Poi devi intrecciare i listelli, non uno alla volta (sarebbe semplice),
ma in fasci di 8 tutti insieme usando solo le dita, nessuno strumento.
Infine devi sistemare le estremità in modo che rimangano invisibili,
nascoste all’interno della palla per non ferire con le punte sporgenti i giocatori
e così salde da resistere ai duri colpi che sballottano la palla a distanza di metri.

 

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Quei ragazzi giocavano proprio con questa palla di bambù. Ho chiesto la palla di bambù perché mi piaceva molto, ho detto. Sono rimasti sorpresi ed emozionati che uno straniero in giacca di lino bianca (in qugli anni le Guardie erano rigorosissime : non entravi a Palazzo Reale se non indossavi pantaloni lunghi e giacca) chiedesse proprio a loro, che non hanno nulla, la palla con cui stavano giocando.

Certo io non l’ho chiesta in regalo : mi sono offerto di comperarla, ma loro si sono offesi.

La palla era un regalo per me e un regalo non si paga.

Però hanno accettato un giro di lattine ghiacciate di vari soft drinks. Anzi due giri : il secondo giro
di lattine ghiacciate da portare di corsa a casa prima che si scaldassero per sorelline e fratelli.

Ho provato anche a giocare con loro, ma ho capito fin troppo presto che
anche se me la cavavo con le mani e con i piedi, non era proprio il caso di giocare –
come fanno allegramente loro – di testa con questa palla di bambù.

Solo al ricordo la testa mi fa ancora un po’ male, la palla la amo ogni giorno di più.

 

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La amo quando la spolvero, quando le trovo un nuovo posto dove risalta ancora meglio,
quando la accarezzo e ci gioco passandola da una mano all’altra.

La amo per quanto mi piace e per quanto mi fa -
intellettualmente ed emotivamente e fisicamente – godere.
Godo questa umilissima palla di bambù come cerco di godermi la mia vita,
se posso, quando posso, quanto più posso. Punto.

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