E’ il 4 gennaio di qualche anno fa e sono “di nascosto” da Michel … è solo ed è affabile, si chiacchiera amabilmente proprio come ai vecchi tempi… mi mostra, ricordandosi perfettamente dei miei gusti alcuni oggetti … poi entrano dei clienti e rimango a lungo solo con gli oggetti…
così ne rivedo alcuni che avevo già visto anni fa….. e infine mi incuriosisce una strana forma in cui sembra di vedere un minuscolo omarino
che cavalca un enorme drago.
L’uomo se ne sta non a cavalcioni, ma tranquillamente in piedi sull’enorme animale. Guarda fieramente in avanti, domina con assoluta tranquillità il mostro dieci volte più grande di lui, ha al fianco forse una spada e si regge elegantemente ad un ricciolo che sembra un comodo appiglio messo lì proprio per lui, ma che era probabilmente l’anello per farci passare la collana del pendente.
Il drago ha la bocca spalancata, due occhi sporgenti ben visibili, due orecchie ritte, il corpo cosparso di scaglie in rilievo, una lunga coda a ricciolo e lunghe zampe palmate con tre dita sporgenti.
Quando Michel torna mi conferma che l’oggetto è cinese, è antico e poi : “Vedi ?” mi fa …. appoggia pollice ed indice sulla testa dell’omino, lo fa ruotare
ed ecco il drago con la testa eretta e sorridente che mi saluta allegramente con la zampa alzata e le tre ditone spalancate.
Nonèpossibile !!!!!!!!
Eppure è proprio così !
E l’omino ? sparito ! Il drago sembra tutto contento ed orgoglioso per il suo gioco di prestigio, innocua ed innocente magia :
infatti, basta rigirarlo di 180 gradi ed ecco l’omarino riprendere la sua posizione di partenza, saldamente in piedi sulla groppa
ed il drago mansueto ed affettuoso chinare la testa ed eseguire obbediente i suoi ordini !
Ora, questo della doppia lettura dell’immagine è sicuramente un effetto del tutto casuale, ma : esiste qualcosa del tutto casuale ????
Perché anche il mio incontro con Giovanna è stato del tutto casuale, ed anche la scelta della mia professione è stata del tutto casuale, e così via.
L’apparizione/sparizione dell’omino è sicuramente una nostra infantile proiezione ma l’effetto c’è, non ce lo siamo sognati !
Possibile che nessuno se ne sia mai accorto prima ? Possibile che l’artigiano che per modellarlo lo ha tenuto tra le mani per ore e forse per giorni
non se ne sia mai accorto ? Possibile che non ci abbia proprio pensato a creare questa sorprendente magia ?
Magari l’avrà anche scoperta strada facendo, ma prima o poi DEVE essersene accorto anche lui. E come lui e dopo di lui,
DEVE essersene accorto chi questo pendente ha acquistato e forse indossato per anni e anni e poi forse voluto con sé nel suo ultimo viaggio.
Questa imprevedibile scoperta mi fa ancor più innamorare dell’oggetto.
Ripeto : non sarà vero, ma ci credo
Il prezzo purtroppo è alto, ma il fascino della scoperta, la sensazione che anch’io sto in parte creando ciò che quell’oggetto è, e che senza di me non sarebbe,
lo rendono unico e diverso da ogni altro oggetto.
Gli altri oggetti mi piacciono, forse sono anche più belli e più importanti : però questo l’ho in parte creato io ! E lo ricreo io, ogni volta che lo guardo o lo mostro.
In più ha anche il fascino di tutto ciò che è misterioso : non si sa che cosa rappresenti.. e poi non si é mai visto un uomo in piedi su un enorme drago…
e poi l’uomo scompare (il drago se l’è divorato ?) ma ecco che subito dopo riappare…troppo divertente !
Lo compro anche se prevedo cupi silenzi e trattenuti furori da parte di Giovanna….. … ma insomma
questo oggetto è troppo magico e divertente : posso persino sperare che piacerà persino a lei.
Chiedo a Michel qualche notizia… dice :
“.. è Cina… è molto antico.. è assolutamente “buono”… potrebbe essere Han o Regni Combattenti…”.
Esprimo qualche dubbio… possibile, così antico ? stiamo parlando di duemila anni fa, più o meno…
Certo questo uomo-sul-drago è davvero troppo strano. E subito penso
che questo “capriccio”, questo “scherzo cinese” possa essere di buon auspicio per il nuovo anno che inizia e per il nostro futuro.
In fondo l’Uomo sul drago ti suscita un sorriso, ti sorprende piacevolmente,
fa proprio per te, ogni volta che tu lo vuoi, una piccola magia.
Sembra una cosa, si rivela essere un’altra cosa.
Forse anche quelli che noi viviamo in questi mesi come “problemi” sembrano una cosa e sono invece un’altra cosa.
Sembrano problemi e sono invece, forse, una meravigliosa opportunità : l’opportunità di scegliere dove vivere,
di scegliere una nuova casa e una nuova città e di cambiare la nostra vita con una freschezza di pensiero e una libertà di movimenti
che nessuna delle persone che noi conosciamo – tutti infinitamente più ricchi di noi ! – che nessuno di loro ha né potrebbe permettersi.
Io vedo questo piccolo, antichissimo (forse), magico oggetto come un simbolo della nostra possibilità di cambiare,
di trasformare ogni giorno, ogni volta che noi lo vogliamo il senso ed il significato della nostra vita…
Nella piccola scultura l’uomo c’é… l’uomo non c’è più… ed eccolo : l’uomo c’è ancora… e tutto è semplicissimo e giocoso…
e tutto dipende solo da noi : da come noi lo guardiamo e da ciò che noi facciamo e da ciò che noi vogliamo vedere.
Già da solo questo pensiero mi dà gioia e mi fa amare questo piccolo uomo sul drago che solo noi vediamo, come vogliamo vederlo, se vogliamo vederlo.
Provo a contare i pallini che segnano il corpo del drago, il conto non viene sempre uguale e devo decidere se mettere nel conto anche l’occhio in rilievo
(anche questo un pallino, ma più grande).. adesso il totale mi viene 72, sette-e-due : nove… nove la mia data di nascita, che è anche il 99esimo giorno dell’anno ..
9 il numero del mio destino .. ma forse, anzi sicuramente, per arrivare a questo numero di puntini ho un po’ barato.
Del resto, se non baro io per adattare la realtà ai miei gusti, chi dovrebbe farlo ?
Negli anni ho anche studiato, oltre che amato, l’Uomo sul drago.
Un giorno leggo :
.. Huang-ti, che aveva utilizzato il drago per vincere le cattive tendenze, salì al cielo sul dorso di un drago ..
Questa notizia mi fa sobbalzare : ma allora è vero !
Allora c’è un mito cinese di un uomo che usa come veicolo un dragone !!!!!
Cerco in Rete e trovo una mole enorme di notizie su Huang-ti :
(passim dal file ‘Huang-ti’)
……….
Le leggende dell’antica Cina raccontano che Huang-ti costruì ed usò alcuni ‘tripodi miracolosi’… questi tripodi rappresentavano dei dragoni in volo tra le nuvole.
Era probabilmente lo stesso dragone che alla fine giunse e trasportò via Huang-ti e i suoi compagni…
Huang-ti, avendo incorporato l’essenza del tuono, poteva muovesi nello spazio a enorme velocità. Egli possedeva un dragone – Changhuan –
e lo utilizzava come veicolo per salire fino al Sole. Un testo antico riferisce che questo meraviglioso mezzo di trasporto nasce
nella terra dove nascono i soli, che è molto vecchio, ha più di tremila anni. Ma ancora più interessante è l’idea
che la sua enorme velocità influenza anche lo scorrere del Tempo e libera l’organismo umano dai processi di invecchiamento.
La biografia di Huang-ti dichiara che un “Changhuan” può percorrere miliardi di chilometri in un solo giorno
e l’essere umano che lo cavalchi può raggiungere un’età di duemila anni.
Godo come un matto : è come se avessi scoperto un tesoro.
Allora tutto acquista un senso, adesso so che cosa forse questa stranissima figurazione rappresenta.
L’uomo non “cavalca” il dragone, ma lo usa come un suo veicolo (India=Cina) e quindi
essendo un ‘veicolo simbolico’ la rappresentazione non deve essere realistica, ma astratta :
il mitico imperatore non può essere prosaicamente a cavalcioni, ma deve essere epicamente ed eroicamente ritto sul mostruoso divino veicolo.
Ecco in sintesi quello che ho scoperto ad oggi sulla mia piccola magica scultura :
“Uomo sul drago”
(l’imperatore mitico Huang-ti sul suo veicolo, il drago Chang-huan)
pendente – Cina o Mongolia Inferiore, regione di Xiong Nu
bronzo di scavo
patina verde ossidata
lunghezza massima : mm 47
altezza massima : mm 39
spessore : minimo, ma con entrambi i lati modellati in rilievo (non c’è un fronte
ed un retro, ma è fatto per essere visto indifferentemente su entrambi i lati)
periodo : Han (221a.C.-220 d.C.) o forse Regni Combattenti (475-221 a.C.) ???
o addirittura Epoca Shang (1500-1050 a.C.)
su un lato, con testa del drago a sinistra,
patina verde scuro con minime incrostazione terrose;
sull’altro lato, con testa del drago a destra,
patina verde più chiara con maggiori incrostazioni terrose.
Da Parigi ho ricevuto queste righe,
che anticiperebbero di parecchi secoli la datazione :
Cher Monsieur,
Madame le professeur Li Xiaohong m’a donné son avis sur votre dragon. D’abord, elle n’a jamais vu un dragon comme le vôtre,
ce qui signifie que vous avez là un objet exceptionnel ! Selon elle, il s’agit d’un dragon funéraire
probablement de l’époque Shang de Mongolie inférieure région de Xiong Nu.
Il n’a pas les cornes typiques du dragon proprement chinois : ce sont des cornes de chèvre, apparemment.
Adesso ne so meno di prima, ma lo amo ancora più di prima.
E poi una riflessione mi piacerebbe condividere con qualcuno che possa compensare la mia totale ignoranza della Fisica.
Le righe del testo citato più sopra autorizzano (forse) una riflessione sorprendente :
Huang-ti possedeva un dragone – Changhuan – e lo utilizzava come veicolo per salire fino al Sole. Un testo antico riferisce che questo meraviglioso mezzo di trasporto nasce nella terra dove nascono i soli, che è molto vecchio, ha più di tremila anni. Ma ancora più interessante è l’idea che la sua enorme velocità influenza anche lo scorrere del Tempo e libera l’organismo umano dai processi di invecchiamento. La biografia di Huang-ti dichiara che un “Changhuan” può percorrere miliardi di chilometri in un solo giorno e l’essere umano che lo cavalchi può raggiungere un’età di duemila anni.
Ancora una volta devo dire : Nonèpossibile !!!!!!!!
Io di fisica non capisco nulla, ma questa idea di un rapporto Spazio/Tempo inestricabilmente collegati alla Velocità,
anticipa di qualche millennio Einstein e la sua teoria della relatività.
La magia non finisce qui. Sennò che magia sarebbe ?
Bye bye !
Il mio testo sul drago cinese qui è finito. Avrei voluto avvicinare al mio drago
una pantera di cui ho scoperto l’esistenza soltanto oggi, 26 giugno 2017.
Però non sono capace di pubblicare fotografie nei commenti.
Perciò metto la pantera qui come
POST SCRIPTUM
Ricevo dal simpaticissimo Alan S. Walker di NOMOS questa sorridente descrizione di un’antica moneta della Licia.
Secondo Alan la pantera, con la sua zampa amichevolmente alzata, proprio come il mio drago qui sopra,
ci saluta amichevolmente. E ci invita :
“Vieni a cena da me : hai un aspetto così appetitoso. “
Impossibile, ascoltando l’invito a cena della simpatica pantera non ricordare la mitica battuta finale
de “Il silenzio degli innocenti” quando Hannibal Lecter si scusa di dover terminare la telefonata :
“Vorrei che potessimo parlare più a lungo, ma ….. sto per avere un vecchio amico per cena”.
https://www.youtube.com/watch?v=tMrgXU4WoBY
Caro Franco, mi chiedi gentilmente di commentare il tuo prezioso e curiosissimo “cavaliere del drago”.
Sappiamo che tizi di questo tipo e occupazione sono ricorrenti nell’arte cinese e derivati.
Certo che però il tuo esemplare è un drago ben strano!
A me ricorda (con rispetto parlando) un pollo, sicché ho scritto qualche riga sull’“immortale in groppa alla gallina”, che allego.
Durante le dinastie Míng (1368-1644) e Qing (1644-1911), in Cina si usava collocare sui tetti degli edifici imperiali statuine di creature mitiche, dette zou shòu, yán shòu o xiao shòu; il primo termine significa “bestia che cammina”, il secondo “bestia della grondaia”
e il terzo “animaletto”. Il loro numero e tipo dipendeva dall’utilizzo a cui la costruzione era destinata, ma la cifra era sempre dispari,
da tre a nove, in quanto correlati allo yáng e quindi ritenuti di buon auspicio.
Più l’occupante l’edificio era socialmente prestigioso, più alto era il numero di queste sculture.
Per esempio, il Tempio Zhong Hé, il Tempio Bao Hé e il Palazzo della Purezza Maschile (Qián Qing Gong), residenza dell’imperatore, ne recavano nove; le case dei suoi fratelli e delle sue mogli [il Tempio Kunning era la residenza dell’imperatrice], sette;
dei funzionari più importanti, cinque; di quelli al grado minimo, una.
L’esempio più famoso della presenza di questi ammennicoli si trova nella Città Proibita di Beijing, sul tetto della Sala della Suprema Armonia (Tài Hé Diàn; altrimenti detta Imperiale Sala d’Oro – Jin Luán Diàn), sede del trono dove l’imperatore dava udienza.
Il suo è l’unico caso in cui le bestie sono dieci, perché solo qui avveniva l’incontro fra la dimensione umana, nella persona dell’imperatore, e quella divina.
Altri casi sono il Tempio del Cielo (Tian Tán), sempre nella capitale, il tempio di Confucio a Qifu e vari santuari taoisti o buddisti.
Qualcuno ha supposto che queste opere d’arte servissero da parafulmini, in realtà erano adibiti alla copertura con mire estetiche dei chiodi lignei o di ferro alle giunture delle travi del tetto. In una mentalità poco avvezza alle dicotomie come quella cinese, l’utilità pratica s’associava spesso a una esoterica: nel caso degli zou shòu, è probabile che l’obiettivo esoterico fosse l’allontanamento, grazie alla loro mostruosità, degli spiriti maligni.
Sovente, queste statue erano poste in fila lungo gli angoli del tetto, e la prima rappresenta un uomo in groppa a un uccello, per cui viene chiamato xian rén qí ji : “l’immortale a cavallo della gallina”.
Non si sa bene chi sia il misterioso – o per lo meno estroso – cavaliere, che a volte indossa un cappello piatto, altre porta i capelli ritti. La storia più nota risale agli anni ’10 del XX secolo (la prima a riferirla in Occidente fu Juliet Bredon nel suo libro Peking), e narra del fantomatico principe Min di Qí (Qí Min Wáng) o del nipote di Jiang Zi Yá, vissuti nella dinastia Zhou (1121-255 a.C.) e più precisamente intorno al 283 a.C. Questo tiranno era così crudele da esasperare il suo popolo, che alfine lo depose dal trono per appenderlo al tetto della sua dimora, dove fu lasciato a morire senza cibo né acqua sotto un sole cocente. La sua empietà è tale che continua tuttora a intimorire, per l’appunto, i suddetti spiriti maligni. Simultaneamente, il malvagio non può mai considerarsi al sicuro e la posizione di questo individuo proprio sul bordo del tetto manifesta pure la precarietà della sua esistenza. Tuttavia, egli non può allontanarsi, perché la gallina non sa volare e neppure può saltare giù dal tetto, con quell’energumeno sul dorso. Non bastasse ancora, la processione di mostri è chiusa, nel punto più vicino all’apice del tetto, da una sorta di uccello, il chi wen (letteralmente “labbra di gufo”; l’elemento a destra dell’ideogramma chi è niao, che significa “uccello”), che avrebbe proprio lo scopo di tenere sotto controllo, e in sede, il suo compagno umano.
Nel loro libro In Search of Old Peking, Arlington e Lewisohn identificano questo guardiano col chi wen omofono che è il nono figlio del drago (forse un’evoluzione del chi wen), e che essi descrivono così: “bestia feroce con le corna e la coda cespugliosa, e la bocca spalancata, come per inghiottire il principe Min e la gallina se osassero avvicinarsi a lui”. Anche C.A.S. Williams, in Chinese Symbolism and Art Motifs, propone questa teoria. Egli sostiene poi che fino al regno dell’imperatore Yong Le (1403-1425), quando vennero aggiunti gli altri simulacri, sui tetti c’erano solo il principe e il drago.
L’interpretazione di questi autori e di molti altri può essere dovuta al fatto che nella dinastia Qing il chi wen ricorre nelle decorazioni delle grondaie cinesi, perché, come ogni drago, difende la costruzione dagli incendi e dai pericoli in generale. Sennonché la sua grande bocca gli ha fatto ottenere il soprannome di “bestia che inghiotte il tetto” e per impedire che lo faccia davvero, ha una spada piantata nel corpo.
L’ordine delle sculture è comunque rigoroso: sopra la Tài Hé Diàn vengono citati in fila chi wen (di cui abbiamo parlato finora), fèng (“fenice”), shi zi (“leone”), tian ma (“cavallo celeste”, simbolo del potere dell’imperatore sul cielo), hai ma (“ippocampo”, simbolo del potere dell’imperatore sul mare), ya yú (“pesce scorta”, che vive nell’oceano), suan ní (“leone leggendario”, anch’esso figlio del drago), xiè zhì (“insetto fantastico”, in realtà simile a un leone ma con un corno; ispira saggezza, giustizia e coraggio), dòu niú (“bue da combattimento”, un altro giovane drago abile nella sottomissione dei demoni) e háng shí (“ultimo della fila”), alias il nostro xian rén qí ji (“l’immortale a cavallo della gallina”).
Un’altra versione della storia di quest’ultimo lo identifica sempre con un signore dello stato di Qí, che, sconfitto dai suoi nemici, si vide sbarrare da un fiume la via della fuga. Tutto sembrava ormai perduto, quando dall’alto scese un uccello enorme che afferrò il tapino portandolo al sicuro. Anche in questo caso, la sua statua sui tetti rappresenta la salvezza di fronte al pericolo; un concetto che nella lingua cinese si può esprimere con la perifrasi “féng xiong huà jí ”: “imbattersi nella malasorte e mutarla in fortuna”. Infatti, altri identificano l’uccello sul tetto non con una gallina, ma con una fenice (fèng), dunque chiamano il personaggio xian rén qí fèng . Emerge qui il consueto amore cinese per l’omofonia, che in questo caso gioca sulla somiglianza (cambia solo il tono della pronuncia) tra il suono dell’ideogramma féng che significa “imbattersi”e quello del fèng che significa “fenice”.
Questa idea dell’uccello mitologico sarebbe supporta dal fatto che nella superstizione cinese una gallina sul tetto porta male. Inoltre, il suo “cavaliere” ha lunghi lobi delle orecchie, una caratteristica fisica associata agli immortali, che per l’appunto usano volare in cielo sulla groppa delle fenici. Forse che l’uomo sul tetto si trova lì proprio a rappresentare un messaggero del Figlio del Cielo (l’imperatore della Cina) a suo padre?
Il problema è che, come abbiamo visto, una fenice è già presente al secondo posto del gruppo; in più, l’uccello finale non somiglia ad essa, a partire dal fatto che è accucciato proprio come una gallina che cova, con le zampe coperte dalle piume del petto.
Chiunque siano questi due personaggi, rimangono lì nella loro postazione serafici come nei secoli passati, e nella loro eretta immobilità sembrano fieri che ancora oggi si usi riprodurli, insieme ai loro compagni, sui tetti di case nuove, pur senza avere ancora riscoperto il loro reale simbolismo. Tanto il cinese medio, proprio in virtù del suo pragmatismo e della sua superstizione spiccati, non era e non è interessato all’archeologia; ciò che gl’importa è che il suo “parafulmine spirituale” funzioni, e a giudicare dalla preservazione degli edifici imperiali pur fra i tumulti della storia cinese, sembrerebbe funzionare.
E’ un bel oggetto, originale, attraente e come hai individuato anche double face.
Come ti è consuetudine ed in questo siamo simili, hai ricercato la sua origine, storia, cronologia, tutto quanto si può ricavare per entrare nell’oggetto e per arrivare a farci raccontare la sua vita.
Non sarà più un oggetto comprato per desiderio che finirà comunque su uno scaffale e che dopo un pò di tempo sfuggirà al nostro occhio e che non noteremo più perchè ormai sarà parte dell’arredamento.
Ma avendolo riportato alla vita con la nostra ricerca ogni volta che ci accorgremo di lui tornerà a parlarci come il primo giorno che l’abbiamo messo sullo scaffale.
Finisco qui perchè queste righe vogliono essere una prova che ho capito come scriverti questi commenti. Ciao Franco
Un amico fraterno, appena rientrato da un lungo soggiorno nella Terra di Mezzo, mi porta un manoscritto che sono risuscito faticosamente a far interpretare e tradurre dal mio Maestro di arti marziali.
Sembra incredibile, ma è successo : un vecchissimo saggio cinese, diretto discendente pare dell’immenso Chuang-tse,
si è preso la briga di leggere le mie farneticanti ipotesi sul mitico imperatore Huang-ti ed il suo velocissimo dragone Changhuan. Ha letto, ha riflettuto i silenzio per giorni e notti ed infine ha così sentenziato :
La questione dell’imperatore e del suo drago (che mi sembra sia comunque l’animale con cui l’imperatore doveva dimostrare potenza e, forse, anche immortalità) si avvicina al “paradosso dei gemelli” nella descrizione della relatività generale.
Qui sotto due link, ma se ne trovano molti su internet :
http://scienzapertutti.lnf.infn.it/index.php?option=com_content&view=article&id=498%3A9-cosa-e-il-paradosso-dei-gemelli&Itemid=216
http://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_dei_gemelli
In pratica, il gemello che viaggi a velocità prossime a quelle della luce ‘vivrebbe’ il tempo in maniera differente rispetto a quello rimasto fermo sulla terra : quello in viaggio vedrebbe le lancette dell’orologio scorrere ‘più piano’, quindi invecchierebbe meno. Senza entrare nei dettagli, nella descrizione del concetto base del paradosso, pur facendo capire bene la relazione tra contrazione spazio-temporale e velocità della luce, non si tiene conto del fatto che uno dei due gemelli dovrà subire accelerazioni e decelerazioni, al contrario del gemello fermo sulla Terra. Quindi i due sistemi (gemello che viaggia alla velocità della luce e gemello fermo sulla Terra) non sono sistemi perfettamente confrontabili. Da qui la non esattezza del paradosso dei gemelli.
In ogni caso, il fatto che si scriva esplicitamente che viaggiare veloci (volendo essere pignoli, la luce viaggia a 300 mila km al secondo, quindi 10mila secondi per 3 miliardi di km, percorsi in poche ore) possa ‘allungare l’età’ è quantomeno singolare.
The Crazy Master of Speedy Time
[...] http://www.francobellino.com/?p=974 [...]